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DELLA nuova Punto Evo si sa ormai quasi tutto. Reduce dal salone dell’auto di Francoforte, è stata presentata ufficialmente all’Italia, lo scorso lunedì, dalla Portaerei Cavour di La Spezia. Del nuovo modello di casa Fiat si è detto che sarà ecologica e sprint: in grado di unire, nelle sue due linee, confort, eleganza e funzionalità. «In grado di anticipare le tendenze del mercato»: parola dell’amministratore delegato del gruppo torinese, Lorenzo Sistino. Quello che, invece, fino a questo momento nessuno ha detto, almeno nelle presentazioni ufficiale, a conferma di quanto lo stesso Marchionne aveva dichiarato a Roma nel vertice con il Governo dello scorso 19 giugno, è che la Punto Evo dovrà essere prodotta a Melfi. Nella speranza che si sia trattato di una distrazione o di una perdita di memoria solo momentanea, a ribadire la “paternità” sulla nuova auto dello stabilimento lucano ci ha pensato ieri il segretario della Uilm, Vincenzo Tortorelli. «La Punto Evo sarà prodotta a San Nicola di Melfi. L’auspicio è che questo nuovo percorso industriale possa ridare centralità alle produzioni lucane». Scrive così il segretario della Uilm in una nota dal titolo che la dice lunga: “Evo, orgoglio e futuro lucano”. Futuro lucano, appunto. Ma su questo quali certezze? Negli interventi del top manager del Lingotto, nella lunga lista di appuntamenti istituzionali in cui è stato impegnato in questi giorni, poche sicurezze. Molti di più, invece, i motivi di allarme. Proprio durante la cerimonia di presentazione ufficiale della Punto Evo, il manager italo canadese ha avvertito: «Senza incentivi per il 2010 non vendiamo. E se non vendiamo chiuderemo gli stabilimenti».
E, ancora ieri, dall’assemblea Anfia, l’ad ha ribadito: «La previsione più credibile per il mercato europeo dell’auto nel 2010 è di oltre un milione di unità in meno rispetto a quest’anno. E, se lo confrontiamo con un anno come il 2007, il crollo sarà superiore al 20%. Il mercato dell’auto non è ancora in grado di reggersi sulle proprie gambe».
Senza incentivi – ricorda il Lingotto – non potrebbero essere raggiunti gli ambiziosi obiettivi di miglioramento della quota di mercato della gamma Punto, già cresciuta nel 2009, proprio grazie agli ecoincentivi.
«Responsabilmente esamineremo la situazione», replica il premier Berlusconi all’allarme lanciato da Marchionne. «E’ incoraggiante, ho apprezzato quello che ha detto. Siamo disposti a lavorare con il sistema», gli risponde l’ad. In questo botta e risposta a distanza, molti lamentano la mancanza di un tavolo nazionale serio di concertazione tra Governo e Fiat, che tenga le opportune garanzie per gli stabilimenti italiani dentro l’ipotesi della riconferma degli incentivi. Ma c’è anche chi, come il segretario del Prc, Paolo Ferrero, invita a non cadere nell’errore «della solita regalia dei governi di tutti i colori alla Fiat».
C’è, però, qualcosa di più preoccupante nelle parole del top manager Fiat, pronunciate ieri dall’assemblea Anfia. Considerazioni che sembrano riguardare Melfi molto da vicino, e che richiamano alla mente lo sciopero dell’indotto Sata, dello scorso giugno, conclusosi con i risultati che ormai tutti conoscono: non esclusa la spaccatura sindacale e il trasferimento del recupero della produzione della Grande Punto, dalla Sata a Mirafiori. Nella fase di crisi – dice l’ad – «gli sforzi dell’industria da soli non sono sufficienti». «Occorre – continua – che tutti gli attori coinvolti vogliano davvero risolvere i problemi che soffocano questo settore. Occorre che tutti quanti facciano un passo avanti anzichè uno indietro. Mi riferisco in primo luogo alle parti sociali. Con il conflitto a priori non si va da nessuna parte. Anzi penso che azioni di scontro immotivate portino solo danni, perchè non fanno altro che regalare occasioni d’oro alla concorrenza». Si riferisce al rinnovo contrattuale dei metalmeccanici ma anche le azioni di mobilitazione che spesso si risolvono in manifestazioni davanti ai cancelli di una fabbrica. Solo strategie da leader?
Mariateresa Labanca
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