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di LEO AMATO
POTENZA – Vittorio Emanuele alla sbarra Il giudice rinvia a giudizio il figlio dell’ultimo re e altri cinque imputati POTENZA – Finirà alla sbarra a Potenza nel nome della Repubblica Italiana. Ieri sera Luigi Barrella, giudice dell’udienza preliminare del processo denominato “Savoiagate” ha deciso di rinviare a giudizio Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re, rientrato in Italia nel 2002 dopo un esilio durato quasi sessant’anni. La richiesta del pm Henry John Woodcock, sostituito in aula dai colleghi Laura Triassi e Salvatore Colella dopo il suo trasferimento di sede a Napoli, è stata accolta in parte, e in parte rigettata. Di trentaquattro imputati per una serie di reati solo sei verranno giudicati a Potenza per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di funzionari pubblici. Sono, oltre a Vittorio Emanuele, Rocco Migliardi, Ugo Bonazza, Nunzio Laganà, Gian Nicolino Narducci e Achille De Luca. Per l’accusa avrebbero messo in piedi una specie di “holding del malaffare impegnata nel settore dei giochi fuori legge”, in particolare videopoker e slot machine, vere e proprie fabbriche di soldi, che in alcuni casi sarebbero risultate truccate in modo da far perdere quanti più soldi possibile agli sventurati scommettitori. Corrompendo un funzionario dei Monopoli di stato, e talvolta falsificando i documenti richiesti, gli imputati sarebbero riusciti a ottenere un numero di “nulla osta” dell’amministrazione, e ad alimentare un “mercato illegale”. Al vertice ci sarebbe stato un siciliano di Messina, Rocco Migliardi, dato per vicino ad alcuni “omini d’onore”. Il processo è stato fatto a pezzi, e i faldoni verranno trasferiti ai tribunali di mezza Italia, almeno otto diversi, per una questione di competenza del giudice. Il gup ha assolto l’unico imputato che aveva chiesto il rito abbreviato, Rocco Tancredi, per non aver commesso il fatto, e ha deciso il non luogo a procedere anche per i suoi fratelli titolari proprio di una ditta che commercializza slot machine. Vittorio Emanuele di Savoia era stato arrestato con altre dodici persone il 16 giugno del 2006, e rimase in carcere a Potenza per una settimana. La notizia in poco tempo fece il giro del mondo, anche perché con il figlio dell’ultimo re d’Italia era stato coinvolto anche Simeone Saxe Coburg Gotha, della casata reale di Bulgaria. L’inchiesta era nata soltanto l’anno prima, a partire da un vecchio prefabbricato di quelli che arrivarono a Potenza dopo il terremoto dell’ottanta, e che continuano a ospitare circa cinquecento famiglie nel quartiere popolare di Bucaletto. Due agenti della polizia municipale di Potenza scoprirono una truffa ai danni di una vecchietta, che era stata convinta a occupare una di quelle casette dopo aver pagato una somma discreta di denaro ai due millantatori, che si erano spacciati per funzionari del comune. Tramite un assegno e le intercettazioni gli investigatori sarebbero arrivati a un presunto giro di usura in città, quindi alla famiglia Tancredi, Vittorio Emanuele di Savoia, e Rocco Migliardi. Durissime le critiche che piovvero a Potenza, in particolare sugli uffici della procura. Anche ieri all’uscita del Tribunale l’avvocato di Vittorio Emanuele, Francesco Murgia, si è detto “spaventato per l’atteggiamento del giudice”, poi ha parlato al telefono con il suo assistito. “Non c’era da aspettarsi altro – è stato il suo commento – per una vicenda che è inspiegabile dal principio. Resto fiducioso nell’accertamento dei fatti, ma intanto provo dolore nel subire queste accuse”. La prima udienza del processo è stata già fissata per il prossimo 21 dicembre.
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