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di LUIGI M. LOMBARDI SATRIANI
Oggi è l’anniversario di un evento importante nella storia del nostro Paese: l’Armistizio con gli anglo-americani, che segnò ufficialmente la fine del conflitto, anche se, come concludeva il famoso manifesto di Badoglio, la guerra continuava. Speriamo che possa avvenire un armistizio tra il Premier e la stucchevole telenovela delle sue prodezze amatorie, istituzionali e governative, da un lato, e tutto il mondo che non le condivide e non le considera titoli di merito, cioè quel vasto universo che Berlusconi definisce “comunista” e che comprende, come sappiamo, giornali, progressisti e conservatori, italiani e di altri Paesi, vescovi, cardinali, lo stesso Pontefice, singoli cattolici, semplici cittadini non disposti a osannare questo Premier così lontano dalla consapevolezza delle modalità delle società realmente democratiche, così lontano dalla dignità della rappresentanza istituzionale che gli è stata affidata. Tant’è. Questo Premier abbiamo e chi sa per quanto dovremo legittimamente sopportarlo. L’ennesima puntata di questa patetica telenovela vede l’inizio della strategia d’attacco decisa dal Cavaliere e dai suoi solerti subalterni: in primo luogo verso i giornalisti che si permettono di rivolgergli domande e quanti osano portare avanti i propri discorsi, senza genuflettersi proni, fedelmente osannanti. Abbiamo, così, la denuncia a La Repubblica per le famose 10 domande; a L’Unità perché è L’Unità e per tanti altri motivi specifici, tra i quali l’aver ironizzato, da parte della Littizzetto, sulla capacità di erezione del padrone d’Italia, problemi di cui egli sicuramente non soffre come si affrettano a chiarire nel testo della denuncia i suoi legali, solleciti a rassicurare i milioni di italiani profondamente preoccupati, invece che delle tasse, della perdita dei posti di lavoro e della mancata ripresa economica, dei problemi dell’eventuale deficienza d’erezione del presidente del Consiglio. Si accumulano, così, i motivi di derisione che si accompagnano sempre più apertamente all’estero al nome di Berlusconi e, quel che più è grave, al nome di Italia. La strategia comprende le denunce, come il tentativo di degradare comunque gli avversari: emblematico l’attacco di Feltri a Boffo, giustamente definito di bassa macelleria mediatica, che ha suscitato l’indignazione dei vescovi e dello stesso Pontefice, i quali hanno espresso alla vittima di esso la più ampia solidarietà. Si tratta di tecniche di intimidazione tese a ridare al presidente del Consiglio una credibilità, sul piano privato e su quello politico, da lui irrimediabilmente persa. Se tutti colpevoli, nessuno è colpevole; se tutti corrotti e impresentabili, nessuno è corrotto e impresentabile. Se fossimo cittadini di un altro paese, potremmo constatare la deriva in atto in Italia e passare ad altro argomento, magari più piacevole. Per noi è diverso; l’attacco alla stampa, alla libertà di pensiero e di esplicitazione di esso ci riguarda direttamente, perché è in discussione la nostra sfera di libertà nelle sue svariate articolazioni. Non è un caso che la Fnsi abbia indetto per il prossimo 19 settembre una manifestazione nazionale in difesa della libertà di stampa. In questa prospettiva, ritengo utile riportare in questa rubrica l’appello di Cordero, Rodotà, Zagrebelsky, nonostante abbia ricevuto circa trecentomila adesioni, perché ne sia informato anche chi non legge “Repubblichella 2000”, come i berlusconiani di ferro denominano questo quotidiano, scandalizzati per il “partito” che esso rappresenta, mentre accettano come naturale che il presidente del Consiglio, direttamente o tramite la famiglia, possegga giornali e canali televisivi, mentre di altre reti dispone con assoluta padronanza per l’autoritarismo con il quale egli gestisce la carica istituzionale che ricopre. Contraddizioni dell’etica individuale e collettiva che ognuno aggiusta come vuole. L’attacco a “Repubblica” di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l’ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia. Le domande poste al presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera “retoriche” perché suggerirebbero risposte non gradire a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere. Invece, si batte la strada dell’intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di «cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee», come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso. Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d’informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto. Infine, una considerazione di ordine storico. L’Italia non divenne Stato fascista immediatamente, appena il Fascismo prese il potere. Dopo la marcia su Roma e il conseguente conferimento da parte del re a Mussolini dell’incarico di formare il governo, lentamente ma inesorabilmente si procedette alla fascistizzazione di tutti i gangli del sistema politico-amministrativo dello Stato, demolendo una a una le garanzie poste a tutela dei diritti dei cittadini. Berlusconi non è Mussolini (al di là delle innegabili differenze di carattere e di personalità), ma l’attuale Cavaliere ha dato vita a un regime autoritario, d’incommensurabile forza mediatica, assolutamente autoreferenziale, che di fatto si pone come totalitario, tendenzialmente avvolgente ogni manifestazione della vita associata. Egli potrebbe dire, certo, che queste parole sono frutto di una congiura “comunista”, magari staliniana, contro di lui. Sarebbe, questa, comunque un’opinione, anche se risibile e frutto di quell’allucinazione persecutoria nella quale sembra inesorabilmente avvolto. Non è risibile, né frutto di allucinazione, purtroppo, la convinzione che Berlusconi agisca di fatto come liberticida.

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