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di EMANUELE GIACOIA
Alcuni titoli del “Quotidiano” legati alla stagione turistica di quest’anno. “La difficile stagione tropeana”, “Appartamenti sfitti e hotel semivuoti”, “Stagione salvata solo dal last minute”, “Città popolate e meno vacanzieri”, “A Crotone, turisti mordi e fuggi”, “La Sila arranca”, “Turismo pendolare”, “Cala il turismo, acque inquinate e flessione dell’almeno 20%”, “Turismo all’ultima ora e in extremis”, “Per la prima volta abbondanza di posti letto”, “La Federalberghi pensa che la crisi sia dovuta alla situazione economica. Pochi stranieri e utili in calo”. Non mancavano altre lamentale già all’inizio della stagione e, al tirare delle somme, eccoci per quest’anno turistico in Calabria, con un quadro assai poco felice ed esaltante. La Federalberghi punta l’indice sulla crisi economica che indubbiamente ha influito sulle possibilità delle famiglie italiane. Da ogni parte prevale la vacanza breve poco più di una settimana e con gli euro contati in tasca. Eppure questa è la regione italiana fra le più dotate per il turismo, con i suoi 800 km di costa (solo Sardegna e Sicilia la superano) e bellissime montagne: dal Pollino alla Sila, alle Serre e allo straordinario altopiano dell’Aspromonte, tutti dotati di Parchi dove flora e fauna, ed esaltanti panorami, non hanno da invidiare nessun’altra regione. Invece da queste parti a stento si racimolano turisti per il Ferragosto mentre altre regioni come Toscana, Liguria, Puglia, le Isole, per non dire la costa adriatica-emiliana, “tirano”, quasi tutte, da maggio a settembre, per non parlare delle stazioni termali che abbondano in Calabria ma non certo di pazienti. Questa regione che, almeno sulla carta è turistica per eccellenza (turismo fondamentale crediamo per la sua economia) non riesce mai a far tornare i conti, e sono anni, che per un verso o per l’altro rimane il fanalino di coda nonostante tutte le opportunità che può offrire. D’altra parte, riconosciamolo, non ha luoghi di mondanità turistica con locali a gogò come per esempio sulla riviera romagnola – e non solo – che offrano alle famiglie, e non solo ai giovani, distrazioni di ogni genere fra cui, per esempio enormi parchi giochi, svaghi e divertimenti acquatici di livello mondiale. Certo a investire milioni da queste parti molti imprenditori ci hanno rinunciato, pensando agli enormi afflussi di vacanzieri, dall’Italia e dall’estero che affluiscono – per esempio – in altre regioni, per non parlare della competitività dei prezzi e della loro straordinaria organizzazione e delle capacità imprenditoriali. Da noi è un po’ tutto spesso artigianale in questo campo, programmi da tempo solo sulla carta, nonostante il riconosciuto impegno degli assessori regionali al Turismo e all’Ambiente, che con i loro eccellenti propositi e proposte, devono scontrarsi poi con – fra l’altro – l’inquinamento dell’alto Tirreno cosentino e con depuratori e depuratori che non funziono da tempo. Un esempio di efficienza l’abbiamo in questi giorni nella locride dove tra regione, provincia e comuni si è riusciti a ripristinare il mare e le spiagge coperte da idrocarburi. Dicevamo dei depuratori: se ne sta occupando la magistratura, ma ormai è tardi per la stagione turistica. Ora è stato stabilito un “patto per il mare”, speriamo che funzioni ma la prospettiva è ancora lontana e forse, speriamolo, funzionerà solo per il prossimo anno. E non è bastato, purtroppo, l’impegno propagandistico della Regione e il nostro Gattuso che ci ha messo il “cuore”, come dice negli spot televisivi. Gran parte, come si diceva, si fa all’insegna dell’arrangiarsi, del “fai da te” della buona volontà. Nascono così, per attirare i turisti, un proliferare di “sagre”, dal Pollino alla punta dello stivale. È un elenco senza fine. Proviamo a ricordarne qualcuna: la sagra del pesce azzurro o del baccalà, o anche quella delle alici, della sardella, del tonno, del pesce spada o del polipo, per rimanere nell’ambito marinaro. L’immancabile sagra della salsiccia, di ogni tipo e sapore, la ’nduja , quella del peperoncino (fra l’altro apprendiamo che a Trebisacce c’è una gara nazionale per chi è capace di mangiarne di più. Immaginiamo che ci siano i vigili del fuoco pronti a spegnere gli “incendi”), delle melanzane, della cipolla, della soppressata e naturalmente in questa stagione la sagra dell’anguria e ancora, a Scalea, quella del panuozzo. Francamente non sappiamo cos’è (immaginiamo qualcosa che abbia a che fare con la farina) e non manca quella del fico d’India, quella della bruschetta e della patata, delle pitte fritte, mentre avanza la sagra dell’uva e via “sagrando”. Ci perdonino le comunità per le sagre che abbiamo dimenticato. Ce n’è una però particolare ed è quella che è all’insegna della “gastronomia nel mese della cultura”, insomma, pensiamo, “pane e libri”? Altro dilagare, oltre alle sagre, una serie di “notti bianche” (figurarsi le farmacie al mattino a distribuire sonniferi) che una volta, ricordando i grandi romanzieri russi, si facevano solo a San Pietroburgo. Ci chiediamo che effetto fanno sul turista non calabrese? Non riusciamo a immaginare un vacanziere che parte da Berlino o da Vienna o da Milano o da Roma e che a chi gli chiede “Dove vai in vacanza?” risponde “Come dove vado? Vado a Scalea, in Calabria, per la sagra del panuozzo, poi se ho tempo mi faccio pure un bagno”. Le sagre che ben vengano, attirano sicuramente i calabresi e i non calabresi, ovvero i turisti venuti a passare le vacanze in Calabria. Da sole crediamo che non bastino (e vorremmo sbagliarci) non ce la fanno, ci vuole ben altro. Anzi, speriamo che non alzino l’ingegno i dirigenti dei vari McDonald’s, che in Calabria sono quasi una decina. Non vorremmo che organizzassero “banchetti” a base dei loro prodotti, altrimenti saremo in balia di eventuali “sagre” di hamburger, del cheeseburger, oppure del fish’n’chips, e magari dell’eggs and bacon, per non dire dell’apple pie! Speriamo proprio di no, anche perché – a questo punto e francamente – pur desiderosi di conoscerla, puntiamo sulla sagra del “panuozzo” di cui, immaginiamo giustamente, si vanta Scalea.
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