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di LEO AMATO
POTENZA – «Ti ho fatto mangiare col più grande camorrista di Napoli». L’interlocutore sembra incredulo. «Quale camorrista?».
Gianni Dal Bosco è un cinquantenne di Badia Polesine, in provincia di Rovigo. Dal 1999 è in società nella ditta Eurobenne di Mirandola, in provincia di Modena, che è una piccola realtà che produce attrezzi per escavatori. Dal Bosco fa affari in tutta Italia ed è in contatto anche con un noto concessionario di macchine edili e stradali di Vaglio, Vito Gargiulo, responsabile della Lucana tractors.
I carabinieri tengono Gargiulo d’occhio da un pezzo, e hanno sparso microfoni ambientali dappertutto. E’ il 24 Marzo del 2006: in Versilia la Guardi adi finanza ha sequestrato cinque milioni di euro a un gruppetto di persone collegate alla camorra che facevano usura ed estorsione; nel frattempo a Torre del Greco un pregiudicato di 34 anni è stato ucciso con quattro colpi di pistola alla testa da due sicari con il volto coperto dai caschi, che si sono subito dileguati a cavallo di una grossa moto.
Gargiulo insiste: «Antonio, questo qua». E Dal Bosco vuol sapere: «Come fa di cognome?». «Iovino – dice Gargiulo – Gruppo Iovino. sull’autostrada, sempre lì so’ stati. Quando passi per Nola».
Dal Bosco chiaramente non immagina che qualche anno fa Antonio Iovino ricostruiva Sarno dopo la valanga di fango, e veniva accusato di essere il rappresentante del vecchio clan di Carmine Alfieri. Non immagina che nel 2000 è stato arrestato con l’accusa di avere inventato un’escamotage per aggirare l’ostacolo della legge antimafia sugli appalti e i subappalti, ribattezzato «nolo a freddo», che sarebbe quando si affittano alle imprese che si sono aggiudicate le opere – imprese pulite – macchinari e manovalanze di alcune imprese già compromesse. E’ finito nella relazione della commissione bicamerale antimafia.
Dal Bosco chiede: «Ma che cos’è? Un camorrista veramente, o solo.». Al che Gargiulo da una parte lo rassicura, e dall’altra riesce a sgombrare il campo dai dubbi: «Ma in passato. Negli anni ha fatto il. E’ stato pure in galera…».
Dunque al tavolo erano in quattro: c’era Dal Bosco, c’era Gargiulo, il «più grande camorrista di Napoli», e «invece l’altro? – dice Dal Bosco – Chi era l’altro?».
«L’altro è un “vitino” – gli risponde allora Gargiulo -, uno che lavora con le macchine usate. un cazzuncello, che si è fatto accompagnare da Antonio stasera, perché gli devo dare i documenti di un camion».
Cose che non capitano tutti i giorni. Tutto finisce agli atti.
Ma Gargiulo sembra così entusiasta dell’amicizia con Iovino che ne parla anche a telefono con la cognata.
«Questo. sui giornali. è stato il più grande camorrista della Campania. c’era il padre, là, con i cavalli. gente che proprio. faticatori. Hanno i collegamenti qua, a San Gennaro. là sono i parenti. sono imparentati ad un grande mafioso: Mario Fabbrocino, ah? Sono parenti a Mario. la moglie è parente a Mario Fabbrocino. però non ti preoccupare. questa è gente che ha girato migliaia e migliaia di miliardi nei tempi.».
Fabbrocino, detto “ò gravunaro” (il carbonaro ndr), sta scontando un ergastolo per l’omicidio, nel 1991, di Roberto Cutolo, figlio del fondatore della Nuova camorra organizzata. Assieme a Carmine Alfieri è stato uno dei promotori del cartello rivale della “Nuova famiglia”, e forse l’ultimo grande boss della zona ai piedi del Vesuvio. L’anno prima, latitante, era stato tradito per un piatto di maccheroni. Praticamente il fiancheggiatore, che gli aveva messo a disposizione la casa dove si nascondeva, gli aveva chiesto al telefono la ricetta per il ragù dell’Assunta, che è una tradizione napoletana, e gli agenti dell’antimafia erano riusciti a risalire al suo indirizzo.
L’ultima operazione contro il suo clan risale solo a Novembre dell’anno scorso. Imponevano l’acquisto di calcestruzzo da una ditta controllata alle imprese che ardivano operare nel vesuviano. Sono stati arrestati in tre. Era il braccio imprenditoriale.
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