2 minuti per la lettura
Un’operazione dei carabinieri del Ros questa mattina tra Calabria e Germania per l’esecuzione di 23 ordinanze di custodia cautelare emesse contro altrettante persone ritenute affiliate al «clan degli zingari» attivo nell’altro Ionio Cosentino.
Le accuse contestate nei provvedimenti emessi dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro, vanno dall’associazione mafiosa all’omicidio ed al tentato omicidio al porto abusivo di armi e munizionamento da guerra.
Le indagini, condotte dal Ros di Catanzaro, hanno permesso di ricostruire i moventi e gli autori di numerosi omicidi commessi durante la guerra di mafia che negli ultimi anni ha visto contrapposte le cosche della sibaritide per il controllo del territorio.
Si indaga anche per l’omicidio di un sedicenne nell’ambito dell’operazione “Timpone rosso”.
Si tratta del delitto di Antonio Acquesta, ucciso il 27 aprile del 2003.
Secondo l’accusa il giovane fu assassinato perchè sospettato di avere preso parte al duplice omicidio di Eduardo Pepe e Fioravante Abbruzzese, considerati esponenti di primo piano della cosca degli zingari, assassinati il 3 ottobre del 2002.
Acquesta fu rapito, portato in un casolare, interrogato e poi massacrato a colpi di chiave inglese.
L’inchiesta che ha portato all’operazione, coordinata dal sostituto Procuratore antimafia Vincenzo Luberto, prende il nome dalla zona del cassanese dove ha sede il locale di ‘ndrangheta degli zingari.
Le indagini hanno consentito di fare luce su una serie di omicidi compiuti nella sibaritide tra il 1999 e il 2003, periodo, secondo gli investigatori, di ascesa del clan degli zingari che negli anni si sono ritagliati un posto di primo piano nella geografia criminale del cosentino.
Infine, è stato disposto il sequestro di beni mobili ed immobili per un valore di 20 milioni di euro. Tra i beni sequestrati, figurano anche aziende agricole ed imprese edili.
IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA
Gli investigatori che hanno condotto l’inchiesta «Timpano rosso» si sono avvalsi anche delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Pasquale Perciaccante, il primo ad essere uscito dalla cosca degli zingari. Il gruppo criminale, secondo l’accusa, ha utilizzato una strategia stragista per imporre il proprio predominio sul territorio, eliminando chiunque rappresentasse un ostacolo o per evitare pentimenti che avrebbero minato la solidità del clan. E’ in questa logica, per gli investigatori, che sono maturati gli omicidi di Giuseppe Cristaldi, Biagio Nucerito, Gianfranco Iannuzzi, Salvatore Giorgio Cimino, Enzo Fabbricatore, Vincenzo Campana, Gaetano Guzzo, Sergio Benedetto e Antonio Acquesta. La collaborazione di Perciaccante ha consentito, inoltre, di trovare i resti dei corpi di Gianfranco Iannuzzi e Antonio Acquesta, oltre a numerose armi utilizzati dalla cosca.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA