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Renato Nicolini, ex assessore alla Cultura del Comune di Roma, morto stamani, era professore ordinario di Composizione Architettonica nella Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.   Era anche direttore artistico del laboratorio teatrale dell’Università, che curava insieme alla campagna Marilù Prati. Il laboratorio, che è anche un compagnia teatrale, ha sede nell’Università e presenta le sue rappresentazioni al Teatro Siracusa.   «Nicolini – è detto in una nota pubblicata sul sito dell’università – era un architetto animato da instancabile curiosità, affabulatore innamorato della parola, fiorettista della battuta e ricco di passione civile che lo ha portato all’impegno politico».   Il rettore dell’ateneo reggino, Massimo Giovannini, “personalmente e a nome dell’Università Mediterranea, piange – in un messaggio – la prematura scomparsa di Renato Nicolini, insostituibile riferimento umano e culturale per intere generazioni di studenti e di architetti. La Mediterranea perde un protagonista del comune progetto di formazione ed il Paese un esponente di primo piano della coscienza civile».   «Renato Nicolini – conclude Giovannini – lascia un patrimonio scientifico, artistico ed umano di cui ci sentiamo custodi e propagatori privilegiati».

La camera ardente si terrà lunedì in Campidoglio, a partire dalle 9 nella sala della Protomoteca. Nicolini era malato da tempo e nelle ultime ore le sue condizioni di salute si erano aggravate. Proprio a Roma, Nicolini nacque il primo marzo del 1942, a Roma si laureò nel 1969 in Architettura con Ludovico Quaroni. A Roma compì i primi passi nella politica e a Roma il suo nome è legato per l’attività di assessore in tre giunte di sinistra, guidate nell’ordine da Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli e Ugo Vetere. Dal 1983 è stato parlamentare con il Partito Comunista Italiano, esperienza conclusa nel 1994. L’impegno politico, invece, è andato avanti soprattutto in difesa della cultura. L’ultima battaglia è stata per il Centro Sperimentale di Cinematografia, per la Cineteca Nazionale e per la Discoteca di Stato «minacciate», come ha scritto sul suo profilo Facebook il 28 luglio, «dalle cieche forbici di Bondi e Monti».  Qualla che egli attuò per Roma sul finire degli anni 70 fu una rivoluzione considerato che rassegne cinematografiche e teatrali, letture pubbliche di poesie, erano considerate forme di intrattenimento ad appannaggio della media e alta borghesia. Nel progetto di Nicolini, con un mix di musica popolare e avanguardia, teatro di strada e balletto, maratone di film popolari e d’autore (celebre la serata con la proiezione su tre schermi affiancati del Napoleon di Abel Gance), si giocava sulla contaminazione tra cultura ‘altà e cultura ‘bassà. Una contaminazione di generi che portò al formarsi di platee composte da studenti e operai, da residenti del centro storico e delle borgate. È la cultura detta dell’Effimero che si accende con le immagini di Senso, film di Luchino Visconti, proiettate sul grande schermo della Basilica di Massenzio che da quel 25 agosto 1977 sarebbe diventata il tempio dell’Estate Romana e della cultura nella Capitale.

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