X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

di MARIA FRANCESCA FORTUNATO

HA INFIAMMATO gli atenei lungo tutto lo stivale, occupando aule, presidiando facoltà, portando i ricercatori sui tetti. L’onda della protesta per la riforma dell’Università si è poi lentamente esaurita, mentre il testo firmato dalla Gelmini si faceva legge, produceva decreti attuativi, modificava gli statuti degli atenei italiani. 

Il conto alla rovescia è ormai scattato e dal prossimo anno accademico con la nuova Università bisognerà fare i conti. Il mondo accademico ha già iniziato, mettendo mano in queste settimane ai regolamenti e alla nuova organizzazione. Provate a chiedere all’Università della Calabria: il più grande dei tre atenei calabresi sta affrontando una calda estate di transizione che non si esaurirà nel giro di pochi mesi.

I NUOVI DIPARTIMENTI.  Partiamo dall’organizzazione di didattica e di ricerca, che dal prossimo anno accademico saranno in capo ad una sola struttura. Finora l’Unical era organizzata in sei Facoltà (Lettere e Filosofia, Economia, Scienze politiche, Ingegneria, Farmacia, Scienze matematiche, fisiche e naturali), rette dai presidi e responsabili delle attività di didattica dei corsi. Alle sei Facoltà facevano capo 25 dipartimenti, finalizzati alla promozione delle attività di ricerca. La riforma Gelmini invece ha riorganizzato gli atenei in (maxi) dipartimenti: «strutture deputate – si legge nel nuovo statuto dell’Unical – allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative, nonché delle attività correlate o accessorie alle precedenti che siano rivolte all’esterno». Ai dipartimenti fanno capo i corsi di laurea e di laurea magistrale, le scuole di specializzazione, i corsi di master universitario, i corsi di perfezionamento, le scuole e i corsi di dottorato di ricerca. 

All’Unical per costituire un dipartimento sono serviti un «progetto culturale fondativo» e una dotazione organica minima di cinquanta docenti. Alla fine ne sono nati quattordici, con ratio e dimensioni profondamente diverse, come si può notare scorrendone i numeri. Dal prossimo anno accademico avremo quindi i dipartimenti di Studi umanistici (13 corsi di laurea, 119 docenti), di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra (9 corsi di laurea, 70 docenti), di Scienze politiche e sociali (9 corsi di laurea, 69 docenti), di Chimica e tecnologie chimiche (2 corsi di laurea, 50 docenti), di Fisica (4 corsi di laurea, 54 docenti), di Matematica e informatica (4 corsi di laurea, 51 docenti), di Ingegneria per l’Ambiente e per il territorio e Ingegneria chimica (4 corsi di laurea, 50 docenti), di Ingegneria civile (3 corsi di laurea, 51 docenti), di Informatica, modellistica e sistemistica per l’ingegneria (6 corsi di laurea, 61 docenti), di Ingegneria meccanica, energetica e gestionale (5 corsi di laurea, 51 docenti), di Farmacia e scienze della salute e della nutrizione (5 corsi di laurea, 59 docenti), di Scienze economiche, statistiche e finanziarie (4 corsi di laurea, 52 docenti), di Scienze aziendali e giuridiche (4 corsi di laurea, 53 docenti), di Lingue e scienze dell’educazione (2 corsi di laurea, 50 docenti). Resta da assegnare – e la commissione tecnica è al lavoro in questi giorni – Scienze della formazione primaria, corso “conteso” da Studi umanistici e Lingue e scienze dell’educazione. A capo dei dipartimenti sono stati eletti nel mese di maggio i direttori, che nei giorni scorsi hanno ricevuto dal rettore il decreto di nomina. 

I numeri dei docenti in forza ai singoli dipartimenti vanno tenuti sotto osservazione: il limite minimo, come detto, è di cinquanta e per i primi tre anni dalla costituzione non potrà scendere sotto i 45, pena la disattivazione. Qualcuno sarebbe già a rischio perché, dopo il passaggio elettorale (per alcuni piuttosto tormentato) per la scelta dei direttori, tra i gruppi “sconfitti” e non solo serpeggiano malumori e volontà secessioniste. Se ne occuperà nei prossimi giorni il Senato accademico, chiamato a decidere su eventuali richieste di trasferimento.

LA NUOVA GOVERNANCE. Quando il ministero, lo scorso febbraio, inviò all’Unical i suoi rilievi allo statuto, evidenziò che il testo in prima stesura era poco “gelminiano”. Ad Arcavacata si era tentato di arginare il potere che la legge attribuisce al consiglio d’amministrazione, aumentando i poteri di controllo del Senato. Tentativo stoppato dal Miur che ha richiesto una riscrittura del testo che ripristinasse i limiti tra i due organi. Il Cda avrà il vero potere gestionale e di indirizzo strategico, gestionale, amministrativo e contabile. Approverà bilanci, le programmazioni finanziarie, l’attivazione o soppressione di dipartimenti, strutture, corsi e centri, i piani di edilizia e di manutenzione. Sarà composto da 10 membri: il rettore, due studenti eletti e sette componenti nominati (cinque interni e due esterni all’ateneo).  Una modalità, quella di nomina, messa in discussione in queste settimane dagli studenti, tanto più che il Tar della Liguria di recente ha riammesso la possibilità di elezione dei membri del cda. Il Senato  accademico (presieduto dal rettore e formato da 7 direttori di dipartimento e 8 professori eletti) esprime pareri obbligatori su ricerca, didattica e servizi agli studenti, approva i regolamenti, può proporre la sfiducia del rettore. Altra novità l’arrivo del direttore generale, che sostituirà l’attuale direttore amministrativo ma con compiti e responsabilità maggiori e un profilo da manager privato.

CAMPAGNA ELETTORALE PERMANENTE.  Definiti i nuovi organi, si tratta ora di costituirli. Eletti i direttori di dipartimento e designato il direttore generale (l’attuale direttore amministrativo Fulvio Scarpelli), il rinnovo toccherà ora al Senato accademico. Le elezioni sono previste a settembre e l’organismo, visti i limiti di ineleggibilità previsti (sei anni già svolti di mandato), si presenterà piuttosto rinnovato. Subito dopo toccherà al Cda e infine – nel 2013 – al rettore. 

 

 

 

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE