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di CHIARA SPAGNOLO
Imprese costruttrici nel mirino, in questo difficile momento in cui l’Italia si interroga sulle responsabilità della catastrofe abruzzese. Mentre a L’Aquila e nei paesi limitrofi si seppelliscono morti e si cercano ancora dispersi, nelle altre regioni si pensa a quello che potrebbe accadere se la terra, d’improvviso, si mettesse a tremare. In Calabria la paura è tanta. Perché si tratta della regione in cui il rischio sismico è più elevato e le certezze sulle modalità con cui sono stati costruiti edifici pubblici e privati sono minori.
Le norme antisismiche sono recenti e, comunque, non ancora obbligatorie. La linearità dell’operato delle imprese di costruzioni, come insegna il passato, non sempre specchiata. E le buone intenzioni, spesso, sono più una teoria che una realtà.
Anche se l’Ance, negli ultimi mesi, ha portato avanti una campagna serrata per qualificare il lavoro dei propri associati e mettere al bando chi non rispetta le regole. Di regole, etica e responsabilità, parla il presidente calabrese dei Costruttori, Francesco Cava (nella foto).
Uno studioso, pochi giorni fa, ha affermato che un sisma simile a quello dell’Abruzzo in Calabria provocherebbe tra le 15.000 e le 32.000 vittime. Lo stato dell’edilizia, nella nostra regione, non sembra essere dei più felici. «Tutti speriamo, naturalmente, che queste stime catastrofiche siano errate. È vero anche che nella nostra regione esiste un patrimonio edilizio con una vetustà molto variegata e quindi l’effetto di un sisma diventa determinante».
Esiste un censimento degli edifici e della loro resistenza ad eventi sismici, ma la Protezione civile lo classifica tra i dati sensibili e non vuole renderlo pubblico. L’Ance ha una cognizione generale della situazione calabrese?
«Credo non esista nessun censimento in merito e quindi che nemmeno l’Ance abbia dati certi sulla situazione degli edifici in Calabria. Nell’ultimo secolo la normativa antisismica si è molto modificata, quindi possiamo catalogare gli edifici esistenti in base all’epoca di costruzione e quindi all’eventuale rischio teorico previsto».
L’applicazione obbligatoria della legge sulle nuove norme antisismiche viene continuamente rinviata, ma in realtà le leggi esistono. Possibile che i costruttori non considerino più utile costruire in sicurezza, applicando le norme anche se per ora non sono vincolanti, piuttosto che rischiare?
«La proroga nell’applicazione della normativa antisismica è dovuta a problemi tecnici e non economici. Oggi progettisti e committenti, tranne che per le opere strategiche, possono scegliere di applicare il DM del 1996, oppure le norme del 2005 o quelle più recenti del 2008. Tendenzialmente si preferisce applicare sempre quelle più recenti».
La storia d’Italia, e della Calabria, racconta di come il boom edilizio abbia stimolato spesso la nascita di imprese improvvisate, che non hanno garantito standard qualitativi alti.
«È vero, ma indipendentemente dalla natura e dall’entità dell’opera, quello che risulta fondamentale è l’etica dell’impresa esecutrice e dei professionisti coinvolti. Oggi per la realizzazione di un edificio residenziale privato, le imprese non necessitano di alcun requisito particolare, tranne l’iscrizione alla Cciaa».
L’Ance mette in atto dei controlli sulle imprese edilizie? Esiste un metodo per
certificare il modo in cui lavorano?
«L’Ance vuole creare un “bollino identificativo” che certifichi la professionalità delle imprese associate. Per quelle che realizzano opere pubbliche l’iscrizione Soa e il direttore tecnico nella propria struttura dovrebbero fornire le opportune garanzie».
Uno dei punti deboli, nella catena delle costruzioni, sembra essere la fornitura del calcestruzzo. Le più recenti norme del gennaio 2008, impongono che gli impianti fornitori di calcestruzzo attuino un controllo sulla qualità della produzione. Eppure al Sud pochissimi impianti certificano questi controlli.
«Attualmente, nella sola provincia di Cosenza, esistono tre impianti certificati. In Calabria, in totale, si superano i dieci impianti, questo perché essendoci stata una proroga fino al 2010 dell’obbligatorietà della certificazione Fpc molti impianti di produzione del calcestruzzo sono qualificati ma non ancora certificati. Bisogna però tenere presente che per le opere strategiche, per esempio quelle realizzate da Anas e Ferrovie, il calcestruzzo può essere fornito solo da impianti certificati. In ogni caso l’Atecap, l’Associazione nazionale di produttori calcestruzzo, sta rendendo obbligatoria la certificazione per i propri iscritti, pena l’esclusione dal registro ufficiale».
Altro problema è l’esecuzione dei progetti, legata alla formazione delle maestranze e dei tecnici delle imprese, che spesso non è eccellente.
«Ribadisco: l’etica delle imprese è fondamentale nella realizzazione di qualunque opera. Sono convinto che gli imprenditori che amano il proprio lavoro lo fanno con coscienza e serietà. In ogni caso, l’Ance e i sindacati di categoria hanno creato degli enti paritetici, presenti in ogni provincia, per la formazione e riqualificazione delle proprie maestranze. Le imprese che vogliono rimanere sul mercato utilizzano queste strutture di formazione affinché i propri collaboratori siano preparati e lavorino in sicurezza».
I controlli degli organi deputati sui progetti strutturali sono meramente burocratici. I controlli nel merito vengono fatti a campione, quindi potenzialmente chiunque potrebbe fare qualunque cosa e realizzare edifici in qualunque modo. «È vero, i controlli vengono realizzati a campione ed il numero di questi dipende dall’entità delle opere da realizzare. Sono coinvolte più figure: progettista, impresa esecutrice, direttore dei lavori, collaudatore. Ogni figura certifica, sotto la propria responsabilità, che il rispettivo operato sia fatto rispettando la normativa vigente».

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