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di CHIARA SPAGNOLO
Donne violentate. Anche nel giorno in cui avrebbero dovuto essere festeggiate. L’orrore degli stupri, in Italia, non si ferma più. Nemmeno in quest’otto marzo di fiori e parole, in cui la politica, per un giorno, è riuscita a mettere da parte le strumentalizzazioni e a condannare unanimemente le violenze sessuali.
Il racconto della giornata di ieri è una specie di bollettino di guerra.
Da Nord a Sud, storie di sesso imposto con la forza, di botte, insulti, dolore senza fine. Di uomini che si comportano come bestie e di donne che non riescono a difendersi. A Cosenza un albanese è stato arrestato perché per anni ha violentato la convivente e la figlia di 22 anni. La donna ha deciso di denunciarlo quando ha capito che anche la nipotina di 11 anni sarebbe diventata protagonista dello stesso incubo. A Milano un’albanese è stata sequestrata e stuprata da alcuni connazionali, che volevano obbligarla a prostituirsi.
Ad Ischia unaragazzina di 13 anni è stata ripetutamente molestata dal fidanzato, che l’ha costretta ad inviargli foto erotiche. Andando indietro ai mesi scorsi non si trova giorno che non sia stato segnato da episodi vergognosi. La mappa dell’orrore tocca tutta la Penisola: ci sono nomi, di quartieri e di città, che sono entrati nell’immaginario collettivo per le tragedie che evocano.
Guidonia, Caffarella, Primavalle, fanno venire in mente paura, violenza, grida disperate e inutili. E, spesso, colpevoli che non si trovano. E, a volte, giustizia che sbaglia direzione. Perché la strada da percorrere, per assicurare i responsabili di reati a sfondo sessuale alla giustizia è quasi sempre in salita.
Le denunce continuano ad essere poche rispetto agli episodi di cui le donne sono loro malgrado protagoniste e questo perché, in realtà, un numero troppo grande di stupri avviene tra le mura domestiche e le vittime hanno maggiori remore a denunciarli. A dirlo sono i dati diffusi a fine febbraio dal ministero dell’Interno, secondo cui nel triennio 2006-2008, gli autori delle violenze sono stati italiani nel 60,9% dei casi, seguiti dai romeni (7,8%) e dai marocchini (6,3%). In cima alla classifica delle città in cui si è verificato il maggior numero di casi, c’è Milano, con 480 episodi registrati lo scorso anno, seguita da Roma e Bologna, dove sono avvenuti rispettivamente 317 e 139 episodi nel 2008. Rispetto a questi numeri spaventosi il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, ha sottolineato la necessità per le istituzioni di non creare allarmismi che possano essere dannosi per le stesse donne.
«Anche solo un atto di violenza impone una risposta ferma e decisa delle istituzioni – ha detto la Carfagna – ed è quello che il governo ha fatto. Noi vogliamo che chi commette una violenza sconti la pena in carcere dal primo all’ultimo giorno. Non si può avere nessuna pietà quando si tocca la dignità delle persone. La parola d’ordine è tolleranza zero». Parole ferme, che, tuttavia, stridono con una realtà che racconta, invece, di stupratori e pedofili che escono dal carcere con grande facilità e che, in troppe occasioni, commettono nuovi e più terribili reati.
Anche in questo caso, purtroppo, le statistiche raccontano fin troppo bene cosa sta accadendo in Italia e come la giustizia non sempre fornisca risposte soddisfacenti alla richiesta di sicurezza delle donne. Sicurezza, a quanto pare, oggi in Italia è una parola grossa se riferita al “sesso debole”. Paura, invece, è la parola d’ordine. Terrore, in ogni momento della vita, anche nelle situazioni apparentemente più “normali”. Perché ogni istante, dimostra la cronaca di tutti i giorni, per ogni donna può trasformarsi in un incubo. La violenza sessuale, a quanto pare, sta diventando routine. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ieri l’ha definita una «piaga sociale», contro la quale – ha detto «bisogna mobilitare le coscienze». In fondo, pensare che una donna possa essere colpita proprio in quanto tale, con una forma di violenza che non trova corrispondenza in situazioni inverse, è solo un problema di coscienza. Di moralità che gli uomini dimostrano di non avere. Italiani o stranieri che siano. Di rispetto che manca e che, certo, nel nostro Paese non è stato coltivato nei decenni passati. Solo il fatto che fino al 1996 è rimasta in vigore la norma del Codice Rocco per cui la violenza sessuale era un reato contro la moralità pubblica e non contro la persona la dice lunga sulla valutazione sociale e giuridica che per anni è stata fatta degli stupri.
E spiega anche molti degli orrori che accadono.
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