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Avrebbero favorito la latitanza di un esponente della ‘ndrangheta, Renato Petullà, Cinquefrondi, poi arrestato nell’ottobre del 2007, le quattro persone arrestate dalla polizia di Stato a Polistena.
Gli arresti sono stati fatti in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Reggio Calabia su richiesta della Dda. L’operazione che ha portato ai quattro arresti è stata condotta dal Commissariato di Polistena e dalla Squadra mobile di Reggio Calabria. Agli arrestati viene contestato il reato di favoreggiamento personale con l’aggravante delle modalità mafiose.
Quando nell’ottobre di due anni fa i poliziotti fecero irruzione in un casolare in cui venne arrestato il latitante Renato Petullà, 32 anni, il boss stava partecipando ad un summit.
Allora era latitante da quattro anni, quando sfuggì alla cattura nell’ambito di un’operazione finalizzata a sgominare un clan che stava tentando un’estorsione ai danni di un’impresa edile.
Gli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria che eseguirono l’arresto, trovarono nel portamonete del latitante, numerosi «pizzini» con i quali Petullà comunicava con l’esterno.
Il boss, malgrado la giovane età, è ritenuto un emergente dell’omonima cosca che opera nella zona di Cinquefrondi. Il blitz venne effettuato allora in un agrumeto dopo che si era incontrato con due camionisti Michele Moretto, di 56 anni, e Angelo Fonte, di 27, che vennero denunciati per favoreggiamento.
Ma a proteggere la sua latitanza la polizia scoprì che c’era pure un ragazzo di 16 anni. Petullà al momento dell’arresto era armato, i poliziotti trovarono una pistola 7,65 con matricola cancellata e con tre caricatori monofilari; oltre 65 cartucce dello stesso calibro e due coltelli a serramanico e in tasca aveva mille 255 euro in contanti.
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