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L’ULTIMO bilancio relativo al “Programma Operativo Val d’Agri”, che ha fatto il
punto sulla situazione economico-produttiva, sull’impatto occupazionale e sulla
risposta ambientale relativi all’attività estrattiva, ci ha consegnato una versione quasi paradisiaca della Val d’Agri in termini di crescita occupazionale, di indotto economico, di propulsione produttiva e di qualità della vita. Le relazioni inerenti questi vari aspetti, tradottesi entusiasticamente nel tanto decantato “modello lucano” di gestione del petrolio, prestano il fianco a riflessioni, puntualizzazioni. Volendo restare estranei alle diatribe dialettiche ed alle polemiche politiche riguardanti la reale situazione economico-occupazionale derivante dall’ “oro nero”, corre l’obbligo di porre l’accento sulle
scottanti tematiche ambientali. E’indubbio, infatti, che il ritrovamento del
petrolio nella Val d’Agri ha mutato radicalmente le prospettive di crescita e di
conseguenza creato un impatto di tipo antropico su un ambiente particolarmente
rivolto agli aspetti agricoli e paesaggistici. E’ agevole comprendere e ragionevole sostenere, dunque, come di precipua importanza, prima ancora che riuscire a “strappare” concessioni peraltro marginali ed irrisorie o inseguire
affannosamente un malcalcolato miraggio occupazionale, sia la necessità di rendere
compatibili le attività di ricerca, sfruttamento e trasporto dei prodotti petroliferi con la protezione e conservazione degli ecosistemi terrestri ed acquatici. Precisato che le attività di monitoraggio ambientale delle aree a rischio di inquinamento da idrocarburi sono espletate nell’area delle
estrazioni dall’Eni, dall’Arpab, per propria competenza, e dalla “Metapontum
Agrobios”, specificatamente incaricata dalla Regione sin dal 2000 per l’esecuzione
di un monitoraggio delle diverse componenti ambientali. Oltre quanto previsto
dalla norme nazionali la Regione Basilicata, in considerazione dei potenziali
effetti sul contesto ambientale associati alle attività petrolifere, ha avviato, sin dal 2000, numerose iniziative finalizzate alla verifica delle ricadute sull’ambiente dell’estrazione e della lavorazione del greggio. Dall’ultima nota regionale relativa all’ambiente ed alla situazione epidemiologica in Val d’Agri emerge che «le campagne di monitoraggio sinora condotte mostrano un quadro ambientale dell’area rassicurante. Gli impatti evidenziati nell’asta principale
dell’Agri, a monte e a valle della diga del Pertusillo, sono ascrivibili alla presenza di sostanze derivanti dall’attività antropica correlabile alle diverse pratiche umane (agricole, civili e industriali). I risultati analizzati dimostrano
che il fiume Agri durante il percorso verso la diga peggiora nel tratto a valle dell’area industriale di Viggiano. Tuttavia la elevata capacità di autodepurazione delle acque per effetto della buona condizione riparia permettono un recupero qualitativo che pone il fiume in condizioni comprese tra sufficiente e buono. I suoli analizzati non hanno mai evidenziato effetti di contaminazione preoccupanti. Le evidenze riscontrate in talune postazioni potrebbero essere attribuibili a piccole contaminazioni accidentali e limitate nello spazio e nel tempo. Il programma di indagini successive prevede oltre che una intensificazione delle indagini in aree pozzo una campagna di misure olfattometriche nelle aree di influenza del Centro Oli». In realtà già nel 2006 una ricercatrice della “Metapontum Agrobios” a margine di un’indagine conoscitiva, condotta a
partire dal 2000, scriveva: “La campagna di monitoraggio ambientale ha messo
in evidenza un impatto antropico nell’asta fluviale dell’Agri a monte della diga del Pertusillo. La presenza di contaminanti nelle acque e soprattutto nei sedimenti(zone di accumulo) dei siti di studio, in direzione di Villa d’Agri e alla confluenza nella diga suddetta, confermano la presenza di zone di immissione
laterale al fiume di carichi inquinanti civili e industriali. Analogamente,
nell’asta fluviale del torrente Sauro che confluisce nell’Agri è stato evidenziato un carico inquinante di tipo industriale e civile soprattutto nei sedimenti. (…) Sarebbe opportuno ed interessante uno studio approfondito delle falde acquifere. (…) In vista dell’intensificazione delle attività di estrazione degli idrocarburi, diventa altresì essenziale un monitoraggio continuo delle condizioni ambientali e la rilevazione di eventuali perturbazioni indotte dalle attività antropiche, quali estrazione dei prodotti petroliferi, insediamenti
abitativi, attività agricole». Lascia basiti e provoca inquietudine l’osservazione
che, confrontando gli ultimi rilievi addotti dalla Regione e quelli precedenti offerti dalla “Metapontum Agrobios”, a fronte di una costante ed incessante estrazione di prodotti petroliferi la situazione ambientale sia rimasta immutata,
se non proprio migliorata. Fa specie, inoltre, rilevare come l’invito rivolto da accreditati esperti del settore, per quanto concerne un monitoraggio continuo e maggiormente approfondito, sia stato vanificato da soluzioni che ancora non hanno
dato traccia di efficienza ed efficacia, quali ad esempio l’Osservatorio Ambientale. La Commissione degli Esperti incaricata, a suo tempo, dalla Regione Basilicata si poneva l’interrogativo della compatibilità tra ambiente e petrolio. Nel Rapporto Finale sui lavori della Commissione si legge che «dal punto di vista dei risvolti economici appare evidente che lo sfruttamento petrolifero è tendenzialmente conflittuale con lo sviluppo turistico e può avere impatti negativi sullo sviluppo della filiera agroalimentare». Nel medesimo Rapporto si ricorda ai decisori che la Val d’Agri, e la Basilicata, sono aree «sismogeneticamente attive colpite da vasti fenomeni di dissesto idrogeologico», in relazione al rischio di incidente e di contaminazione delle falde idriche. Lo stesso Rapporto riporta, inoltre, la classificazione degli impatti delle attività petrolifere distinguendo tra impatti derivanti da attività ordinarie(impatto paesistico durante la fase di perforazione; sottrazione di territorio valutabile in circa 25.000 mq per ogni postazione petrolifera cui va aggiunta la sottrazione di spazio per la realizzazione delle strade di accesso;
sottrazione di territorio derivante dalle condotte con il Centro Oli valutabile in circa 33.000 mq/km; rumore dovuto all’attività dei motori elettrogeni; sottrazione di territorio per la realizzazione dell’oleodotto; produzione di grandi quantità di detriti ed inerti da opere civili; produzione di reflui derivanti dalle attività di perforazione; produzione di reflui derivanti dalle attività di trattamento che si svolgono nel Centro Oli; emissioni in atmosfera durante le fasi di perforazione ed estrazione; emissioni in atmosfera conseguenti alle attività di trattamento nel Centro Oli) ed impatti legati ad incidenti(inquinamento di falda durante la perforazione; blow-out; fuoriuscita di petrolio; incidenti in fase di rieniezione dell’acqua di processo; esplosioni e sversamenti).

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