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Sono state confermate dalla Corte d’appello di Catanzaro le pesanti condanne inflitte a sette presunti «mercanti di schiavi» coinvolti nell’operazione della Procura della Repubblica del capoluogo nome in codice «Adib». Gli imputati, in particolare, rispondevano di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, sequestri di persona a scopo di estorsione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, violenza sessuale nei confronti di minori (solo alcuni). Questo pomeriggio, il collegio di secondo grado presieduto dal giudice Talerico (consiglieri Petrini e Ferraro), accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Giovanni Grisolia, ha lasciato immutata la pronuncia del giudice dell’udienza preliminare distrettuale Antonio Battaglia che, il 28 giugno del 2007, al termine del giudizio abbreviato (che comporta lo sconto di pena di un terzo), sentenziò pene per un totale di 70 anni e 8 mesi di carcere, comminando in particolare 11 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno a Yasir Ahmed, detto Yasser, sudanese 28enne; Suliman Ebrahim, sudanese 25enne; Mohammed Ed Dakkak, detto Mustafà, marocchino, 29enne; Imad Rtaoua, marocchino 25enne; Miloud Rtaoua, alias Miloud Artaou, marocchino 26enne, Mohamed Sadag; e due anni e otto mesi a Gezahegn Kebede, etiope 30enne. Il giudice di primo grado accolse così quasi del tutto le richieste del sostituto procuratore titolare delle indagini, Luigi De Magistris, che aveva sollecitato 14 anni di reclusione ciascuno per i sette accusati, contestualmente assolti per singoli capi d’accusa. Non sette imputati qualsiasi, ma i presunti organizzatori e promotori del sodalizio criminale dedito allo sfruttamento di clandestini dall’Africa ricostruito dalla Procura, che avrebbe gestito numerosi sbarchi a Lampedusa di immigrati partiti dalla Libia, ricavandone enormi somme di denaro.
Le vittime, stando a quanto spiegato dagli investigatori, venivano sottoposte ad atroci violenze psicologiche e fisiche. In molti, ad esempio, venivano sequestrati e trattenuti in catene in locali fatiscenti fino a quando non pagavano la somma pattuita per il viaggio. L’operazione «Adib», dal termine arabo che significa «schiavi», fu portata a termine nel febbraio del 2006 dalla Squadra mobile della Questura di Crotone, con l’ausilio del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato. Ventidue le persone che finirono inizialmente in carcere, oltre che a Crotone, dove l’organizzazione aveva la sua centrale operativa, anche a Milano, Firenze, Bologna e Rieti, in esecuzione dei provvedimenti di fermo emessi dal pm per 31 persone. Ventinove indagati in tutto, infine, comparsero nella richiesta di rinvio a giudizio, quasi tutti africani: eritrei, sudanesi, egiziani, etiopi, algerini e marocchini; e inoltre due donne bulgare. La maggior parte, il 22 gennaio del 2007, fu rinviata a giudizio davanti al tribunale di Crotone, mentre le sette persone per cui oggi si è tenuto l’appello furono giudicate con abbreviato e condannate (nel collegio difensivo comparivano, fra gli altri, Giacomo Iaria, Domenico Putrino, Tiziana Barillaro, Oreste Albanese, Antonio Ludovico, Fabrizio Salviati, Giacomo La Russa).
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