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REGGIO CALABRIA – Viaggi all’estero (Mosca, Los Angeles), detersivi, ristorazione e soggiorni di terzi, gratta e vinci, persino contravvenzioni al codice della strada e la tarsu, utenza di abitazioni private, IPad e Iphone, computer, regali natalizi, materiale edile, santini elettorali, mensole e bulloneria. C’è di tutto tra le somme rimborsate agli ex consiglieri regionali della Calabria che risultano indagati nell’inchiesta Erga Omnes condotta dalla Guardia di finanza e dalla Procura di Reggio Calabria.
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I consiglieri si sono fatti rimborsare pure soggiorni al casinò di Campione d’Italia e un pasto personale a Monaco da 727 euro, cornici per 300 euro, due consumazioni da 29 e 50 euro al bar, le gomme dell’auto per 1500 euro, cento copie di un volumetto di fiabe per mille euro. Tra le spese contestate a Luigi Fedele (ai domiciliari) per il suo ruolo di capogruppo c’è anche il rimborso accordato a Santi Zappalà, ex consigliere regionale arrestato in un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, per l’allestimento del suo sito web personale.
L’ELENCO COMPLETO DEI NOMI E I BENI SEQUESTRATI
Costose anche le spese del taxi, nella sola fattura di maggio 2010 la spesa era di 520 euro. E’ costato 1200 euro invece il pasto consumato in un lido di Soverato al senatore Pietro Aiello (indagato), e anche per lui 727 euro per un pasto a Monaco come l’allora collega consigliere Fedele.
I consiglieri regionali calabresi avrebbero duplicato spesso le spese, ottenendo così un doppio rimborso, indifferente che l’importo fosse consistente (biglietti aerei e hotel) oppure pochi euro per un caffè al bar. Il meccanismo utilizzato era spesso quello delle anticipazioni, in particolare al senatore Gianni Bilardi (per il quale la Procura di Reggio Calabria ha chiesto l’autorizzazione a procedere alla giunta del Senato) viene contestata la gestione troppo disinvolta di un suo collaboratore al quale venivano rimborsate le spese sostenute con i fondi del gruppo sebbene in realtà fosse un collaboratore personale dell’allora consigliere regionale.
Bastava, in sostanza, solo un’attestazione di aver sostenuto le spese nell’interesse del gruppo e la liquidazione avveniva solo sulla base della presentazione delle dichiarazioni senza alcun controllo sulle pezze giustificative né era previsto il rilascio di un’autorizzazione preventiva sulla spesa.
«Pagava qualche sciocchezza e qualche altra cosa e poi io gli rimborsavo i soldi», aveva risposto Bilardi nell’interrogatorio reso ai pm Centini e Sferlazza. La cosa strana, rilevano i magistrati, è che nelle sciocchezze rientrava persino un televisore e altre spese anticipate nonostante lo stipendio del collaboratore fosse limitato a duemila euro.
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