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«MATERA è la scommessa da vincere per non perdere un’occasione storica ma per farlo bisogna tenerla al di fuori del risiko di nomine che si compone in questi giorni. Matera merita un’attenzione singola, merita di star fuori dal sottopotere regionale e subregionale, è una sfida diversa che richiede un’attenzione vera, particolare, unica». Vincenzo Viti non si astiene dall’intervenire sul dibattito che si andrà sempre più accendendo in queste settimane e che riguarda le scelte che la città si trova a dover compiere ma lo fa indicando la necessità di un cambio di visione che provi prima a disegnare il modello da perseguire e gli obiettivi da centrare e poi a calzarli sulle singole scelte, invertendo sostanzialmente l’ordine “naturale” fino ad ora perseguito.
«Il successo di Matera oltre che un punto di arrivo, è un punto di partenza. Si tratta di investire in una straordinaria fase di progettazione del futuro, nel radicale salto di qualità che la città deve compiere in vista del 2019, nella costruzione di un nuovo ciclo generazionale e culturale che dia sostanza alla città del futuro» sostiene Viti.
«Sarà necessario cambiare necessariamente stili, costumi e livello delle competenze. Sarà necessario un consiglio comunale, che per effetto delle nuove logiche selettive, sia animato da autentici operatori civili. Non credo nell’angelismo, cioè nel miracolo delle anime belle, ma nella possibilità che possa esservi un autentico rinnovamento nella qualità e nella civiltà di Matera».
Ma la situazione della politica attuale certamente non dà forti garanzie sul futuro e Viti lo sosttolinea: «Preoccupa lo stallo nel quale è costretto il dibattito politico nella città”Capitale della Cultura”, preoccupa la condizione di afasìa dei partiti (PD compreso che paga per le divisioni interne e per un evidente deficit progettuale), inquieta la decomposizione di ogni capacità decisionale poiché si è persa ogni traccia delle rispettabili “famiglie politiche” che avevano animato la storia civile della città. Scomparsa la politica sono rimaste le famiglie. Uno spettacolo popolato talvolta di maschere tristi e di protagonisti improbabili».
«Non vanno sottovalutati certo il ruolo che l’Amministrazione ha esercitato, l’efficacia della comunicazione e il concorso di energie e di risorse sia locali, sia regionali, sia nazionali. Ora è necessario aprire un dibattito franco sul futuro. Esso non può certo ridursi alla riffa dei nomi come nelle fiere paesane. La sfida del 2019 dovrà essere affrontata a partire da alcune condizioni essenziali».
Ma tre sono in particolare le parole d’ordine che vengono individuate e su cui l’azione politica delle prossime settimane dovrà necessariamente svilupparsi cioè governance, cultura e infrastrutture.
«La governance è essenziale perchè fissa un modello di gestione radicalmente innovativo, strutturato su forti competenze, un modello che vada oltre la dimensione e la fisionomia dei poteri municipali che finora abbiamo conosciuto.
La cultura che va organizzata in un nuovo impianto funzionale e aperta a nuove dinamiche: oltre la musealizzazione della memoria e delle culture materiali dovrà incrociare linguaggi e stili che vestono tutte le forme della creatività in specialmente quella giovanile. Quindi le infrastrutture ripensando organicamente e nelle forme possibili le relazioni della città con un territorio dal quale appare ancora segregata. Peraltro, in mancanza di un piano strategico, sarebbe assai difficile far atterrare dai cieli della letteratura onirica tutti gli “open” di cui è ricco il dossier che ha sostenuto la candidatura».
Ma quale dovrà essere lo sforzo che andrà fatto nei prossimi mesi, quale la strada da percorrere sono le altre domande a cui Viti dà una risposta.
«E’ ben evidente che proprio in relazione al modello che verrà configurandosi dovranno prendere corpo squadre di governo, con capitani di assoluto prestigio e con comprimari di riconosciuto valore. Squadre in competizione fra loro, da votare, se necessario, attraverso primarie definite nelle regole e preservate dagli abusi» .
La necessità di un cambio di passo in questo particolare momento appare ancora più evidente e viene ugualmente sottolineata: «Matera appare, superata la vertigine del successo, una città che vive una condizione di ipnosi, ripiegata in una routine gregaria. Le mancano gli spiriti animali, le risorse del sottosuolo che una volta le relazioni fra società e politica sapevano valorizzare. Né può bastare quel volontarismo illuministico subalpino che pure un contributo ha saputo offrire. Non si possono infatti mettere fra parentesi, com’è apparso, gli anni ruggenti che la città ha vissuto dal dopoguerra fino a ieri, nei quali è venuta definendosi la identità di una città che, non a caso, viene chiamata ad una sfida così straordinaria.
Chiunque oggi voglia porsi il tema del futuro della città, una città che soffre la povertà dei suoi aggregatori culturali (cinema, teatro, biblioteche e librerie) non potrebbe che partire dalle domande che l’Europa pone alla Capitale del 2019: prossimità al mondo, coesione e qualità civile nello sviluppo, profilo elevato della classe dirigente, modernità nella macchina istituzionale. Insomma una rivoluzione.
Prenderne coscienza e definire modelli e obiettivi e percorsi e non solo urgente ma necessario. Per non fallire».

p.quarto@luedi.it

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