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POTENZA – «Pasquale è un uomo leale. Lui ha supposto che il Lapenna avesse parlato con me anche del quantitativo, ma con me non aveva parlato ecco perché… Io l’ho mandato da lui senza sapere…»

Sono parole del vescovo di Potenza Agostino Superbo raccolte nel verbale agli atti dell’inchiesta partita dalla denuncia dell’avvocato Sergio Lapenna, che adesso si ritrova indagato per millantato credito e voto di scambio.

Superbo è stato sentito dagli inquirenti agli inizi di gennaio dopo che era stato indicato dallo stesso Lapenna come uno dei suoi creditori, assieme all’economo della diocesi del capoluogo, don Pasquale Zuardi, che è chi gli ha consegnato materialmente 45mila euro dal fondo del “culto caritativo”, destinato alle esigenze dei più poveri.

L’ex consigliere regionale di Forza Italia, fallito il tentativo di un secondo mandato alle elezioni di novembre, aveva raccontato agli investigatori che quei soldi gli erano serviti perché era vittima di estorsione. Ma a distanza di qualche mese il suo presunto aguzzino, il trentenne potentino Antonio Guglielmi, è diventato il suo grande accusatore. Di fatto il pm Francesco Basentini, credendolo né più né meno che un «prestanome», ha chiesto l’archiviazione della denuncia nei suoi confronti, ma gli ha inviato un avviso di garanzia per voto di scambio, per le preferenze “pilotate” sull’avvocato in cambio della promessa di denaro.

Tre giorni prima del vescovo gli investigatori avevano interrogato don Pasquale Zuardi, di cui aveva parlato a lungo anche Guglielmi. Solo che una volta davanti ai magistrati il sacerdote ha negato di conoscerlo come pure avergli confidato il suo problema con Lapenna, che da un po’ si negava al telefono e non restituiva quei soldi .

«Dall’anno 1999, data in cui io ho assunto la carica di ecconomo della diocesi di Potenza, non sono mai stati fatti prestiti di denaro a nessuno. Aggiungo altresì che nel nostro regolamento ecclesiastico non è assolutamente contemplata l’elargizione di prestiti ad alcuno ma solo dazioni di piccole somme di denaro a titolo caritatevole che non devono superare i 6mila euro». Questo è quanto aveva riferito al pm  precisando di non essere a conoscenza delle «motivazioni che hanno spinto il vescovo a disporre» quel prestito. Solo che a riguardo anche Superbo ha raccontato di essere cascato dalle nuvole una volta scoperto quanti soldi aveva preso davvero l’avvocato.

«Io ho mandato Lapenna senza sapere di quale quantità fosse il prestito richiesto. Sapendo solo che era in difficoltà. Decidi tu. Dall’economo a fiducia. Lui suppone sempre la mia… Lui ha supposto che io sapessi ma io non sapevo assolutamente niente…»

Così si è difeso il vescovo aggiungendo che se avesse saputo l’ammontare della richiesta non avrebbe mai acconsentito. Di fatto per compensare il buco avrebbe chiesto a sua volta un prestito a un sacerdote di Policoro che ha dichiarato di averli attinti da un conto corrente dove confluivano i risparmi e i versamenti di alcuni comuni per la colonia Stella Maris, sempre di Policoro.

«E’ stato un errore». Si è giustificato Superbo. «In vista della persona che si riteneva stimabile che capisce come sono le nostre cose (…) ma è un errore non è come si può dire una illegalità».

Ma anche su questo prima di chiudere le indagini gli inquirenti hanno voluto vederci chiaro. 

l.amato@luedi.it

 

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