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Insomma. Quella chiarezza tanto evocata dal presidente Pittella ieri mattina nel rapporto con i cittadini a proposito delle scelte sul petrolio, manca completamente nel dialogo interno al maggior partito di governo, il Pd.

Cambiano le sigle, cambiano i premier, le correnti spirano sempre forti insieme al gonfiarsi delle prevedibili ambizioni individuali e gli uomini non smettono di combattersi. Intanto gli uomini, precisiamo il genere. Perchè ancora una volta, a ogni appuntamento buono, il Pd lucano non perde occasione per dimostrare il suo ancestrale sessismo. A parte questo, e al netto di retroscena che potrebbero portare a rinvii in extremis, il quadro della disaggregazione del partito non ci racconta nulla di nuovo di quello che è sempre stato.

I “vecchi” comunisti si affidano a uno dei loro migliori uomini, Antonio Luongo, la corrente Civati sceglie di esserci con Paradiso, i renziani ballano in quattro: il nuovo che avanza porta lacerazioni, rimescolamento di equilibri, avanzamenti nelle postazioni.

E così il capo dei capi, cioè l’indomito ma solitario governatore, primus renziano inter pares, da che parte doveva stare dopo che, solo qualche settimana fa aveva dichiarato di voler appoggiare Braia, suo supporter elettorale, in contesa con un altro renziano, il senatore Margiotta, entrambi, a loro volta, respinti dai depositari del verbo autentico del sindaco d’Italia, quelli della prima ora?

Ecco spuntare il fido Polese, schermo di protezione che non basta a evitare la rottura della squadra che portò Marcello al trionfo alla fine dello scorso anno. Sara un bluff? Per ora appare un bel frullato di pezzi acerbi.

Il punto vero è il supporto politico all’azione per il governo della Basilicata che è poi è quello che ci interessa. Il presidente con chi sta? Ma soprattutto chi sta col presidente? Le danze sono aperte e a noi poveri spettatori senza biglietto non resta che osservare una malvagità: in fondo vanno alla festa con gli abiti usati.

l.serino@luedi.it

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