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REGGIO CALABRIA – Niente elezioni comunali, provinciali, regionali e circoscrizionali: il tribunale di Reggio Calabria ha sancito l’ineleggibilità per diversi esponenti politici coinvolti nello scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose, deciso dal Consiglio dei ministri nell’ottobre 2012.
IN TRE EVITANO IL PROVVEDIMENTO – Si tratta di figure di primo piano, come l’ex sindaco Demetrio Arena, attuale assessore regionale. Con lui altri sei: i due ex assessori comunali Pasquale Morisani e Luigi Tuccio, l’ex presidente di Palazzo San Giorgio Seby Vecchio, e i tre ex consiglieri comunali Giuseppe Eraclini, Giuseppe Plutino (in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa) e Giuseppe Martorano. Sono stati tutti banditi dalla magistratura con una sentenza pesantissima di 120 pagine che porta la firma del giudice estensore Giulia Messina e del Presidente della Corte Rodolfo Palermo e che ripercorre nella sostanza l’intera relazione della Commissione d’accesso che ha portato allo scioglimento per “contiguita con la ‘ndrangheta” (LEGGI IL TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE).
I sette esponenti politici dovranno saltare un turno elettorale, mentre sorte diversa è stata decretata pergli ex consiglieri comunali Nicola Paris, Nicola Irto e Bruno Bagnato: il ricorso nei loro confronti è stato infatti rigettato.
ARENA ANNUNCIA RICORSO – Il provvedimento, sottolinea Arena, «produrrà effetti solo se sarà confermata in appello e in Cassazione». E l’ex sindaco ha già annunciato che «sarà proposto senza alcun indugio reclamo». Secondo l’esponente di centrodestra, Da una prima lettura emerge la disarmante acriticità con cui il Tribunale ha ritenuto di dovere recepire pedissequamente quanto riportato nella relazione ministeriale senza valutare sotto alcun profilo le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione ritualmente riprodotta in giudizio «da una prima lettura emerge la disarmante acriticità con cui il Tribunale ha ritenuto di dovere recepire pedissequamente quanto riportato nella relazione ministeriale senza valutare sotto alcun profilo le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione ritualmente riprodotta in giudizio».
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