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POTENZA – Provate a pensare a una Basilicata senza petrolio e poi mettete da parte questa immagine, in maniera definitiva. Perché al di là di quello che chiedono gli ambientalisti e che qualcuno proverà a cavalcare anche nella prossima compagna elettorale la Basilicata rappresenta un vero e proprio pozzo di San Patrizio per Stato e compagnie petrolifere. La regione che vanta il giacimento su terraferma più grande dell’Europa occidentale e che con la sua produzione contribuisce per circa il 10 per cento all’approvvigionamento energetico nazionale è destinata ad accrescere il proprio apporto.
Non solo perché è quanto prevede il piano energetico nazionale dell’ex ministro Passera, sostanzialmente confermato dal Governo Letta. Ma soprattutto perché Eni rintraccia in Basilicata grandi opportunità di crescita per il settore estrattivo. «Oggi in Basilicata potremmo realizzare una produzione doppia con un beneficio fiscale spaventoso»: parola di Alessandro Profumo, presidente di Monte dei Paschi di Siena e consigliere d’amministrazione della compagnia del cane a sei zampe. Che ieri, intervenendo ieri al convegno romano che si è tenuto all’istituto Luigi Sturzo sul rilancio della sinistra su iniziativa dei renziani, ha spiegato: «Il raddoppio della produzione porterebbe vantaggi per oltre due miliardi di lire». Obiettivo che sarebbe già possibile se solo «in Italia – continua Profumo – avessimo norme allineate con l’Ue sulla ricerca petrolifera offshore e avessimo la capacita’ di discutere di ricerca di idrocarburi».
Il che significa che Eni chiede regole più “morbide” per le estrazioni in mare. Quindi, nel caso specifico lucano, per le attività di ricerca nello Jonio dove da qualche mese – dopo Shell e Appenine Energy, anche Eni ha concentrato i propri interessi, a dispetto della forte opposizione da parte degli amministratori dell’area. Altro che moratoria, dunque, per altro bocciata qualche mese fa dalla Corte Costituzionale. L’assalto delle trivelle – stando a queste previsioni – sarebbe a dir poco inevitabile. I ritorni economici per l’intero Paese – ha sottolineato ieri Profumo – sarebbero veramente importanti. Difficile immaginare come la Basilicata possa sottrarsi al peso di decisioni che evidentemente si assumono altrove. All’indomani della bocciatura della moratoria da parte della Corte Costituzionale, il presidente De Filippo annunciò la nuova linea: ribadire il no a ogni singola nuova istanza da parte delle compagnie petrolifere.
Basterà questo a difendere la regione dell’assalto delle trivelle? Fallito il tentativo dell’ex ministro Passera di esautarare in parte le Regioni dal potere decisionale in materia di petrolio – grazie alla legge impugnata da Veneto, Puglia e Toscana ma non dalla Basilicata – il futuro delle estrazioni lucane dipenderà all’orientamento del Governo centrale. E il fatto che Profumo abbia scelto un convegno sulla nuova sinistra per porre la questione, la dice lunga. Per stare invece alla politica di casa nostra, i prossimi protagonisti della campagna elettorale dovranno misurarsi prioritariamente su questo tema. Partendo dal presupposto che a questo punto dire un generico basta al petrolio in Basilicata è un’ipotesi che appare al momento quasi completamente improponibile. E che in ballo c’è ancora un Memorandum che àncora le nuove attività a maggiori vantaggi, in termini di sviluppo, per la Basilicata. Del resto, il recente accordo sottoscritto tra le amministrazioni della Val d’Agri ed Eni che porterà ai comuni 17 milioni di metri cubi di gas da destinare al sociale e alle attività produttive, dice che un altro modo di convivere con le estrazioni è possibile.
m.labanca@luedi.it
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