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di GIUSEPPE BALDESARRO
Reggio Calabria – Avrebbero dovuto buttarlo via, mandarlo al macero. Ma quelli dell’ufficio non se la sono sentita, qualcuno prima o poi avrebbe potuto chiederne conto. Così lo hanno messo da parte. In uno sgabuzzino del secondo piano del Cedir. Adiacente alle stanze in cui lavorava Orsola Fallara. Il computer della dirigente dell’Ufficio Finanze del Comune di Reggio Calabria, sta ancora là. Intatto. Nessuno è andato mai a vedere cosa ci fosse dentro. La “macchina” dalla quale la manager lavorava praticamente ogni giorno non è mai più stata aperta. Magari non vi è contenuto nulla di particolarmente interessante, ma suona strano che inquirenti e investigatori non abbiano pensato di verificare. In fondo era il computer sul quale arrivavano e partivano delibere, venivano preparati gli atti per il Consiglio e la Giunta, forse gli stessi bilanci di Palazzo San Giorgio. Eppure, fino a oggi, è rimasto in quello sgabuzzino.
Dopo la tragedia, al posto della Fallara sono arrivati altri dirigenti, quando i dipendenti dell’ufficio hanno fatto presente che il computer della donna era ancora al suo posto, nessuno ha ritenuto di doverci lavorare. E alla domanda su cosa farne, la risposta è stata secca: potete buttarlo. Invece, come accennato, qualcuno ha preferito riporlo in un angolo. Non se l’è sentita di assumersi la responsabilità di dismetterlo. Anche per un fatto di pudore. Sul computer potrebbero esserci mail private, fotografie, ricordi che forse ai familiari potrebbe far piacere conservare.
Quel computer ha un valore da molti punti di vista, o meglio potrebbe averlo. Ci sono in atto due diversi processi nei quali se Orsola Fallara fosse ancora in vita sarebbe imputata. C’è il processo contro il suo ex compagno Bruno Labate, nel quale l’uomo è accusato di aver ricevuto indebitamente denaro per consulenze e progetti mai realizzati. E c’è il processo in cui l’ex sindaco Giuseppe Scopelliti e i tre revisori dei conti sono imputati per abuso d’ufficio e i falsi in bilancio. In quella “macchina” potrebbero esserci documenti e corrispondenze utili al processo. Prove, che potrebbero rappresentare elementi sia per l’accusa che per la difesa. E poi ci sono i procedimenti ancora aperti. Fascicoli su cui la magistratura e le forze dell’ordine stanno ancora indagando. E anche in questo caso sul computer della dottoressa Fallara ci potrebbero essere tracce della gestione dei conti dell’amministrazione pubblica.
Non è normale che nessuno abbia pensato di sequestrare quello strumento di lavoro. Certo dal giorno in cui la Fallara ricevette l’avviso di garanzia a quello in cui si levò la vita sono passati settimane. Se avesse avuto intenzione di cancellare qualche documento “ingombrante” avrebbe avuto tutto il tempo di farlo. E tuttavia i computer hanno una memoria interna dalla quale gli specialisti sono capaci di riesumare file anche a distanza di decenni. Perchè non tentare? E’ grave non avere pensato di farlo a suo tempo, è grave non averci pensato. Anche solo per levare ogni dubbio si tratta di un controllo che non può essere trascurato. Serve. E serve anche solo ad alimentare voci, sospetti, chiacchiere attorno ad un’inchiesta che ne ha fatte girare fin troppe.

REGGIO CALABRIA – Avrebbero dovuto buttarlo via, mandarlo al macero. Ma quelli dell’ufficio non se la sono sentita, qualcuno prima o poi avrebbe potuto chiederne conto. Così lo hanno messo da parte. In uno sgabuzzino del secondo piano del Cedir. Adiacente alle stanze in cui lavorava Orsola Fallara, la dirigente dell’Ufficio Finanze del Comune di Reggio Calabria morta suicida dopo essere stata coinvolta nello scandalo del buco nei conti dell’ente. Il computer sul quale arrivavano e partivano delibere, venivano preparati gli atti per il Consiglio e la Giunta, forse gli stessi bilanci di Palazzo San Giorgio, sta ancora là. Intatto. Nessuno è andato mai a vedere cosa ci fosse dentro. 

Ci sono in atto due diversi processi nei quali se Orsola Fallara fosse ancora in vita sarebbe imputata. C’è il processo contro il suo ex compagno Bruno Labate, nel quale l’uomo è accusato di aver ricevuto indebitamente denaro per consulenze e progetti mai realizzati. E c’è il processo in cui l’ex sindaco Giuseppe Scopelliti e i tre revisori dei conti sono imputati per abuso d’ufficio e i falsi in bilancio. In quella “macchina” potrebbero esserci documenti e corrispondenze utili al processo. Prove, che potrebbero rappresentare elementi sia per l’accusa che per la difesa. E poi ci sono i procedimenti ancora aperti. Fascicoli su cui la magistratura e le forze dell’ordine stanno ancora indagando.

 

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