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CROPANI (CATANZARO) – Mery (il nome è di fantasia) ha 28 anni. Una vita fatta di passioni, sorrisi e tanti sogni. Sogni da realizzare e per i quali combatte giorno dopo giorno. Nonostante le tante difficoltà provocate da quel problema di mobilità che la accompagna sin dalla nascita. E che la costringe a muoversi su una carrozzina. Il sogno che da mesi Mery coltiva nel cuore è quello di poter incontrare Papa Francesco. Il Pontefice che con le sue parole, i suoi gesti sta emozionando il mondo intero. E l’occasione per vedere il Papa dal vivo è vicina. Il 21 giugno prossimo, infatti, papa Francesco sarà a Cassano allo Jonio e dai vari angoli della Calabria le parrocchie si stanno mobilitando per partecipare a questa grande manifestazione. È così anche a Cropani. Ma Mery non potrà esserci. Proprio a causa di quel problema di mobilità. E proprio perché il parroco ha preferito dirle di no. Così come racconta Mery al “Quotidiano”.
Nei giorni scorsi la ragazza ha inviato anche una mail al vescovo della diocesi di Catanzaro monsignor Vincenzo Bertolone per descrivere il suo stato d’animo e chiedergli di aiutarla. Andiamo con ordine. Mery viene a sapere che si sta organizzando un pullman per la visita del Santo Padre in Calabria. Le brillano gli occhi dalla felicità. È radiosa. E munita di quel coraggio che non le è mai mancato raggiunge la parrocchia per chiedere di vedere realizzato il suo sogno. Ma a volte basta meno di una parola per stroncare l’armonia, la felicità, la serenità e la speranza di una ragazza che, giorno dopo giorno, lotta tra mille difficoltà. Il parroco le dice no. Non si può. Mery si arrabbia. Torna a casa e davanti al computer trova il coraggio per raccontare al vescovo di Catanzaro quello che, senza mezzi termini, definisce “discriminazione molte grave”. Una discriminazione della quale, racconta la stessa Mery al “Quotidiano”, “siamo state vittime io e mia sorella anch’essa disabile”. Mery aggiunge: “Abbiamo chiesto al nostro parroco di poter essere iscritte, anche noi, come gli altri parrocchiani al viaggio a Cassano alla Jonio del 21 giugno 2014 per la visita al nostro Papa Francesco e ci siamo sentite rispondere che “con quelle cose lì” (non si è neanche curato di dire carrozzine) noi non potevamo andarci”.
Mery trattiene il fiato e sottolinea: «In un primo momento ho pensato scherzasse. Ma mi sono sbagliata. L’iscrizione non è stata fatta realmente». Mery si è sentita discriminata, offesa, derisa. «Avrei voluto urlargli in faccia tutto il mio sdegno – racconta – ma l’offesa è stata così grande che sono rimasta impietrita». E ancora: “Per il parroco noi non potremmo far nulla, io sono al terzo anno della facoltà di Giurisprudenza e non per questo non frequento l’Università a Catanzaro”. Per questo ora Mery si appella al vescovo: “Io credo che queste discriminazioni proprio dal parroco, portatore della parola di nostro Signore, non dovrebbero essere fatte. Invece è stato lui uno dei primi ad accentuare queste discriminazioni. Discriminazioni – aggiunge ancora – che ai giorni nostri non dovrebbero più esistere se è vero che viviamo in una società civile ed, invece, più passa il tempo e più veniamo trattati come “scarti della società”. Una parola forte quella che Mery ripete con la tristezza nel cuore: “Si, è vero, lo ammetto mi sono sentita come uno “scarto della società”.
Mery si ferma. Respira. E con quello spirito di organizzazione che l’ha sempre spinta a trovare dei rimedi di fronte alle tante difficoltà e agli ostacoli che la vita le ha posto ammette dice con fierezza: “Quelle cose lì le avremmo potute sistemare nel bagagliaio dell’autobus e quanto alle salite che ci possono essere in montagna noi non abbiamo mai incontrato problemi: sia per l’aiuto che abbiamo sempre ricevuto dai nostri amici sia perché riusciremmo ugualmente a camminare con un sostegno”. Mery non si abbatte. E ricorda le parole di Papa Francesco. «Lui dice “Non fatevi rubare la speranza – sottolinea – ma ci sono persone che non ci lasciano proprio sperare in una società migliore se il parroco ci esclude anche da un viaggio di preghiera, lasciandoci immaginare sempre più una società decadente che ci escluderà sempre da tutto solo perché portatori di handicap». Per questo Mery chiede al vescovo di essere ascoltata. Si appella all’alto prelato e chiede l’invito “a porre rimedio a queste discriminazioni almeno per questo viaggio di speranza che ci permetterebbe, almeno una volta, di sentirci padroni della nostra vita come tutti gli altri esseri umani e ci invogli a vivere. Perché come dice il nostro amato pontefice «non stare sempre in difesa ma è tempo di vincere la partita della vita“».
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