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Il maestro Alberto Manzi negli anni ’60, bucando gli schermi dei televisori in bianco e nero di quel tempo, insegnò l’italiano a milioni di abitanti dello Stivale e aiutò tanti analfabeti a imparare a leggere e scrivere. Oggi quasi nessuno sembra si preoccupi del nuovo analfabetismo che non è soltanto quello di chi non sa leggere e scrivere (purtroppo in Italia sono poco meno di un milione), ma soprattutto quello dei tanti che usano le nuove tecnologie, internet, il web e i social senza disporre di quelle conoscenze minime che l’uso degli strumenti e dei servizi che la rete mette a disposizione richiederebbe.
A causa della relativa facilità con cui si può girare per il web, fare una ricerca con Google, aprire una pagina Facebook o un account Twitter, chiunque abbia un computer o uno smartphone riesce a usare questi strumenti senza sentire la necessità di conoscerli bene. Questa apparente semplicità è una caratteristica insita nei nuovi strumenti informatici che ne hanno permesso la larghissima diffusione. Eppure dietro questa semplicità apparente si nasconde l’equivoco che non sia necessario conoscerli e comprenderli bene per usarli. Da questo equivoco nasce il loro uso a volte poco consapevole. Sono molti, ad esempio, quelli che usano i social network senza comprendere quale può essere l’effetto di un tweet, di una foto postata su Facebook o di un video inserito su YouTube. L’elenco dei guai combinati dagli ignoranti digitali sulla rete sono tantissimi e frequentissimi, dalle continue violazioni della privacy, ai matrimoni mandati all’aria per una foto resa pubblica, ai post che hanno aiutato i ladri a sapere che non siamo in casa, alle mail aperte senza capire che ci avrebbero infestato il PC di virus e tante altre piccole o grandi disavventure tecnologiche simili. Eppure, mentre sono molti quelli che organizzano corsi a pagamento per aiutare le aziende ad aumentare la loro visibilità sulla rete, quelli che offrono consulenze a privati e imprese per il marketing personale e aziendale, quelli che sviluppano soluzioni per gestire clienti di ogni tipo su internet, quasi nessuno si preoccupa di insegnare l’uso consapevole degli strumenti di Internet ai cittadini. Lo fanno soltanto alcune organizzazioni noprofit, alcune associazioni culturali, ma purtroppo vi è la totale assenza delle politiche pubbliche e dell’intervento delle strutture statali in questo ambito.
Se si considera la quantità delle persone che quotidianamente usano internet anche per diverse ore al giorno (in Italia si tratta di circa il 60% della popolazione dagli 11 ai 75 anni), si può comprendere quanto sarebbe utile fornire informazioni semplici ma efficaci a questa enorme massa di popolazione. La consapevolezza funzionale aiuterebbe ad evitare guai, errori, disguidi, litigi e a volte anche cose più gravi. Oltre tutto questo, l’uso consapevole e informato del web, della email, e soprattutto dei social network, porterebbe sicuramente anche ad un aumento della competitività sociale degli italiani e ad un incremento del PIL.
Se invece di tanti discorsi vuoti e di tanti luoghi comuni sull’innovazione e sull’importanza delle nuove tecnologie, si organizzassero per i cittadini brevi e semplici corsi – in televisione, nelle scuole, nelle pubbliche amministrazioni – sull’uso corretto e sui comportamenti consapevoli in Internet, sicuramente si contribuirebbe, senza paroloni, a migliorare l’Italia del nuovo millennio.
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