LOCRI (RC) – «Le mie dimissioni sono dovute non tanto a quanto mi è successo, ma ad una presa d’atto dell’impossibilità di governare e rappresentare con dignità la mia comunità. Non c’è lo Stato, nella Locride si vive una situazione di abbandono». Rosario Rocca, sindaco dimissionario di Benestare, è amareggiato, a 48 ore dall’ennesimo atto intimidatorio nei confronti della sua amministrazione è più consapevole di quanto si pensi su quali siano i reali problemi di un sindaco che svolge le sue funzioni nella Locride, specie in una comunità come quella di Benestare, incastonata in una delle realtà più difficili della provincia di Reggio Calabria e forse della Calabria. Danneggiamenti e messaggi intimidatori, fino all’auto della sorella data alle fiamme per arrivare al vero e proprio attacco a lui e alla sua amministrazione di due giorni fa. Lo chiamo per sapere come si sente, ora che a mente più fredda può analizzare la situazione con maggiore attenzione. Il suo è uno sfogo, una telefonata che trasuda la rabbia di un uomo che vede la sua terra sprofondare senza avere gli strumenti per poter reagire.
E’ difficile fare il sindaco in Calabria, ma com’è stato farlo a Benestare?
«Devo essere sincero un’esperienza appassionante e coinvolgente. Ma anche difficile e complicata perché sappiamo bene quali siano le carenze di questo territorio, ma ho cercato, abbiamo cercato, di dare risposte fino a che abbiamo potuto, di indirizzare verso lo sviluppo il nostro paese, attraverso bandi e opere pubbliche, puntando alla sicurezza, ma non ci sono gli strumenti per amministrare seriamente».
Cosa intende esattamente?
«Intendo dire che si vive in uno stato di totale abbandono, una situazione di isolamento da cui è difficile uscire, le promesse fatte da Roma durante le campagne elettorali sono puntualmente disattese, qui non c’è modo di rappresentare dignitosamente la comunità che ti ha dato fiducia. E non parlo solo di Benestare, molti sindaci del territorio sono nella mia stessa situazione. La viabilità è lasciata in uno stato deprimente, non ci sono segnali sul fronte dell’edilizia scolastica, anzi le scuole chiudono, i nostri ragazzi sono dei numeri e non una risorsa su cui puntare, come si può pensare di fare contrasto alla criminalità se non si parte dalla scuola, dai giovani».
L’INTERVISTA COMPLETA SULL’EDIZIONE CARTACEA DI OGGI DEL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA ACQUISTABILE ANCHE ON LINE