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Avrei preferenza di no. Mi sono detto stamattina, affacciandomi alla finestra che dà sul lato sbagliato delle mie aspettative. E mi sono sentito come Bartleby: come quello strano scrivano di Wall Street nato dalla mente di Melville che ha affascinato tanti cuori di lettori e studiosi contemporanei.
Da un lato (delle aspettative, intendo) c’è la finestra che dà verso Joggi, verso la campagna, l’orto, il cielo azzurro, le lampadine a led, la luna, le stelle e lucciole, il bar in piazza, l’acqua alla fontana di Santa Monica e, un po’ più in là, il mare e le altre amenità che amo. Dall’altro c’è una ciminiera che tutto il giorno vomita fumo puzzolente nell’aria grigia  – fortuna per me che il vento soffia (quasi) sempre verso est.
Ma poi mi sono detto anche: se questo è l’unico mondo compatibile con lo sviluppo industriale, il lavoro per tutti, la casa di proprietà e la macchina nuova; puoi aver sì preferenza di no, ma visto che anche preferendo di no ti tocca respirare la porcheria prodotta da chi ha preferenza di sì, la tua preferenza non vale niente. Non ti basterà – mi sono detto – mollare tutto: finché la qualità della aria, dell’acqua, della terra e la bellezza del mondo in cui vivere non saranno riconosciti diritti inviolabili; finché le politiche di sviluppo non daranno priorità alla sostenibilità dei processi produttivi e l’uso di risorse rinnovabili, la tua parola e di coloro che hanno la tua stessa preferenza, saranno come se non esistessero. Perciò: non basta solo preferire di no… Essere solo come Bartleby non ci salverà (stavolta).

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