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di SARA LORUSSO – POTENZA – Quella volta a Potenza fu così strano, così inaspettato, che per anni fu presa ad esempio.
Quella volta fu quando, al primo turno, il centrosinistra scoprì che si sarebbe dovuto giocare il ballottaggio non con il candidato di centrodestra, ma con l’ex sindaco, quello di centro, quello su cui nessuno avrebbe puntato all’inizio. Quello che poi vinse e costrinse il centrosinistra a un patto per la città, con tanto di benedizione e vigilanza del livello politico regionale.
Ora, quella volta, torna come uno spauracchio. Ora che tra la coalizione di centrosinistra guidata dal Pd e il centrodestra (a sua volta diviso su due candidati, Michele Cannizzaro e Dario De Luca), irrompe Roberto Falotico, fresco di vittoria alle primarie convocate da un pezzo altro di centrosinistra.
Alcuni la chiamano la sindrome da outsider Tanino, altri sindrome Bonito Oliva. Perché quella volta, nel 1999, nessuno avrebbe giurato che il candidato sindaco sostenuto dai comunisti, dalla sinistra moderata, dai popolari, dai socialisti se la sarebbe dovuta vedere con Gaetano Fierro, per tutti Tanino, già sindaco per due legislature negli anni del post terremoto. Tutti avrebbero puntato invece sulla sfida con Gianfranco Blasi, volto importante di Forza Italia.
Non c’è il rischio che riaccada diversi anni dopo? Non sono pochi a sostenere che il vero sfidante di Luigi Petrone, avvocato amministrativista, scelto dal Pd e sostenuto anche dagli alleati del partito di maggioranza relativa (Sel, Centro democratico, Popolari Uniti, Scelta Civica, I Socialisti), sarà Falotico. Non Savino Giannizzari del Movimento 5 Stelle, né Canizzaro, né De Luca. L’avversario potrebbe rivelarsi l’ex democratico che qualche anno fa ha sbattuto la porta del Pd, a cui ancora oggi rinfaccia una scarsa attitudine alla partecipazione.
Lo spauracchio della sorpresa sta lì, nei discorsi e nei commenti, nei luoghi più o meno ufficiali di una campagna elettorale appena cominciata, forse ancora solo accennata.
Certo, sono passati parecchi anni e la città è molto cambiata nel frattempo. Come i partiti e l’affezione dei cittadini per la sfida elettorale.
Chi spiega che non è così facile adattare il caso del 1999 alle amministrative del 25 maggio prossimo invita a ricordare bene quello che accadde. Fu, per il centrosinistra, una sconfitta politica. Ma una mano importante a ciò che accadde la diede anche la logistica.
Alle amministrative del 1999 alcuni tagli per contenere la spesa avevano ridotto il numero di cabine nei seggi. Si votava in una sola giornata e molti rimasero in coda a lungo prima di riuscire a votare. Tanti furono quelli che si spazientirono e abbandonarono le file, tornando a casa senza aver votato.
Prospero Bonito Oliva prese il 49,4 per cento dei voti, 21.561preferenze. Gliene mancarono poco meno di 250 per superare lo sbarramento ed essere eletto al primo turno. Per gli avversari fu un testa a testa. Il 24,9 per cento (10.871 voti) per Gaetano Fierro; 10.544 voti, pari al 24,1 per cento per Gianfranco Blasi.
Il secondo turno fu tutta un’altra storia rispetto alle previsioni. La sfida finì con Fierro al 51,9 per cento e Bonito Oliva al 48,1.
Chi c’era racconta che l’esito amaro fu chiaro fin dalle prime ore dello spoglio. L’ex sindaco si impose per poco più di un migliaio di voti ribaltando ogni pronostico della prima ora.
Bonito Oliva era stato candidato dopo una discussione interna al centrosinistra. Medico apprezzato, profilo etico elevato, battagliero, esperienza istituzionale in consiglio, ma pur sempre comunista – fanno notare – in una città che ha sempre prediletto moderati e cattolici. In quello scacchiere, all’area popolare sarebbe toccata la successiva candidatura del governatore: a viale Verrastro di lì a pochi anni sarebbe approdato Vito De Filippo.
Sulla città di Potenza gli alleati si erano già divisi un po’ prima di lanciare la candidatura del medico. C’era chi si era opposto a una riconferma di Domenico Potenza, sindaco uscente, schiena dritta e cuore, stimato e amato da molti, a cui era toccata una politica di rigore post dissesto.
Fierro ebbe la meglio, raccogliendo anche il voto dell’opposizione. Impiegò un po’ di tempo prima di cominciare a governare sul serio. Avevano ribattezzato la situazione che si viveva in Comune «l’anatra zoppa». Era sindaco, ma senza avere la maggioranza in aula. Arrivò la giunta tecnica, poi il patto per la città, ratificato dall’allora presidente della regione, Filippo Bubbico, il Generale.
E ora? Quella volta, dice chi c’era e ci rimase di sasso, va sempre tenuta a mente.
s.lorusso@luedi.it
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