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MARCHIO o non marchio, il carburante al Sud costa di più. E’ l’Antitrust a rilevare che gli effetti benefici della concorrenza, delle cosiddette “pompe bianche” e degli impianti della grande distribuzione organizzata (da Carrefour a Conad e Auchan), non si avvertono su tutta la Penisola. Secondo un’indagine conoscitiva condotta dall’organismo di controllo della concorrenza lungo un periodo di circa due anni tra il 2010 ed il 2011, emerge che gli impianti della grande distribuzione praticano prezzi più bassi rispetto agli operatori indipendenti (pompe bianche), oltre che, ovviamente, rispetto agli impianti colorati delle società petrolifere.
IL CARBURANTE COL LOGO DEL SUPERMERCATO – Non si tratta di cifre da poco: a livello assoluto i distrubutori dei grandi marchi tradizionalmente legati ai supermercati praticavano prezzi da 9 a 13 centesimi di euro più bassi degli impianti colorati e da 1,5 a 5 centesimi di euro più bassi degli impianti “bianchi”. Ma, rileva l’Antitrust, «i prezzi più bassi sono stati quelli praticati nel Nord-Est, mentre al Sud «gli impianti no logo non praticano prezzi particolarmente diversi da quelli delle società petrolifere colorate e sono gli impianti della grande distribuzione organizzata, ancorché in numero molto esiguo, a supplire allo scarso grado di concorrenzialità delle pompe bianche gestite dagli indipendenti». Al Centro e al Nord-Ovest, invece, «si riscontra un maggiore allineamento della grande distrubuzione alle politiche di prezzo degli indipendenti».
I DATI DELLA CALABRIA – A livello nazionale, gli oltre 2.000 pompe “bianche” e 82 punti vendita collegati alla grande distribuzione organizzata sono i protagonisti della nuova fase che sta attraversando la rete di vendita dei carburanti. In Calabria, però le cifre sono ancora modeste. Un monitoraggio effettuato nel marzo scorso dal Codacons rilevava la presenza di appena sette impianti “bianchi”: ce ne sono uno su viale Europa a Catanzaro; uno su viale Mancini e uno a Vaglio Lise di Cosenza; uno a contrada Santa Rosa di Rende; uno a Settimo di Montalto Uffugo; uno sulla strada provinciale a Feroleto Antico; uno in via Perugini a Lamezia Terme. L’elenco, in realtà, potrebbe essere da aggiornare perché la situazione è in evoluzione continua, ma l’analisi complessiva non cambia. Anche perché l’altro grande fattore di concorrenza, quello portato dalle compagnie della grande distribuzione organizzata, sembra faticare ad aggredire il mercato calabrese.
Dagli elenchi pubblicati sui siti dei tre operatori citati dall’Antitrust, solo la Auchan risulta essere presente con un impianto a Catanzaro Lido. La Conad, che ha il 40 per cento dei propri distributori di carburante proprio nel Sud Italia nel corso di una conferenza stampa avvenuta a Cosenza nel marzo scorso aveva annunciato di essere pronta a valutare l’apertura di pompe di benzina con il proprio logo in Calabria, anche se al momento non è stato ancora tagliato alcun nastro inaugurale. Dalla Carrefour, invece, tutto sembra tacere.
LE RACCOMANDAZIONI DELL’ANTITRUST – Secondo il dossier dell’Antitrust, per sviluppare il maggior numero di operatori indipendenti sul “modello Nord- Est” anche al Sud, «dove attualmente tali operatori non rappresentano un effettivo vincolo concorrenziale», si devono “esportare” le condizioni logistiche: «Ciò implica – precisa l’organismo di controllo della concorrenza – l’adozione di nuove misure volte a favorire l’ingresso di operatori indipendenti nella logistica, fase della filiera che al Sud è pressoché controllata in via esclusiva da società petrolifere verticalmente integrate». Nell’analisi conoscitiva, viene infatti rilevato il «netto primato» di Eni nel mercato all’ingrosso del Sud in termini sia di operatori indipendenti serviti, sia di pompe bianche approvvigionate. Seguono Tamoil, e Kuwait mentre il peso di grossisti autonomi in questo contesto geografico è «residuale».
«In questo quadro – si legge nel dossier dell’Antitrust – si potrebbe ad esempio ipotizzare la cessione da parte di tali operatori verticalmente integrati di un sottoinsieme di depositi di stoccaggio a società che non operano a valle nelle distribuzione in rete di carburanti. Nello specifico, la cessione potrebbe riguardare quelle infrastrutture di raffinazione investite da processi di ristrutturazione, largamente annunciati in questi mesi, di cui è prevista la riconversione in depositi per lo stoccaggio. La trasformazione di alcune raffinerie di proprietà di società verticalmente integrate in depositi primari potrebbe dunque costituire l’occasione per ampliare la disponibilità di tali infrastrutture nella titolarità di operatori indipendenti proprio nelle aree del Paese in cui allo stato sono assenti o esigue».
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