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UN «condensato di fantasia difficile da spiegare non solo ai turisti italiani ma ancor di più agli stranieri» la definisce il numero uno di Federalberghi, Bernabò Bocca. Ma intanto il dazio imposto ai villeggianti sembra piacere agli amministratori locali. Anche in Calabria, dove secondo uno studio capillare svolto in collaborazione con Mercury Srl, la tassa di soggiorno è stata applicata in dieci dei 409 Comuni regionali. Siamo comunque ad un quinto delle proporzioni nazionali, che vedono una località su dieci chiedere soldi a chi pernotta in una propria struttura ricettiva, con tariffe che oscillano dagli 0,20 ai 5 euro al giorno a persona.
La prima in assoluto è stata Roma, dove la tassa è stata imposta dall’1 gennaio 2011, agganciandosi alla legge del 2009 sul federalismo fiscale. Poi, proprio in quel 2011, arrivò il decreto legislativo che lasciava mano libera ai municipi fissando solo il tetto massimo, appunto, ai 5 euro. E nel giro di pochi mesi è partita la corsa degli enti pubblici ai portafogli dei turisti.
LA MAPPA DELLE IMPOSTE IN CALABRIA – Secondo l’osservatorio attivato da Jfc sulle tasse di soggiorno, in Calabria sono state soprattutto le località balneari a chiedere un tributo per il pernottamento. Il primo comune è stato Cassano Jonio il 20 luglio 2011. Ed è anche uno dei luoghi in cui trascorrere una notte in hotel può essere più costoso, dato che l’imposta arriva a 3 euro a testa se si sceglie un hotel di lusso, per poi scendere di 50 centesimi per ogni stella. Un euro è invece la tariffa per campeggi (a meno che non si arrivi alle 4 stelle), agriturismo e bed&breakfast.
Più cara può essere in realtà Borgia, nel Catanzarese: la tariffa fissata dall’amministrazione locale è pari a 75 centesimi per ogni stella e quindi può arrivare a 3,75 euro per le cinque stelle.
Lo Jonio si rileva costoso anche a Mandatoriccio, in provincia di Cosenza: 3 euro pro capite a notte dalle cinque alle tre stelle, 2 euro per le categorie inferiori e i campeggi, un euro per tutte le altre residenze turistiche. Nella zona, decisamente più economica è Rossano, dove la spesa massima è di 1,5 euro, ma ce la si può cavare anche con 50 centesimi in residence, agriturismo, campeggio. E Rossano, tra l’altro, è anche una delle località in cui la tassa è solo “stagionale”: la si applica dal 15 dicembre al 10 gennaio e dal 15 marzo al 30 settembre. Sul versante tirrenico, ad Acquappesa, si paga invece solo d’estate, tra l’1 giugno e il 30 settembre e la cifra oscilla tra i 40 centesimi delle strutture extra alberghiere all’euro dei 4 stelle, ma solo se si pernotta per più di sei giorni e meno di dodici. Una scelta in controtendenza rispetto a quella di molti altri comuni italiani – tra i quali perle come Capri, dove l’imposta scatta solo per chi si ferma meno di un certo numero di giorni.
Lungo le coste calabresi si paga la tassa di soggiorno anche a Briatico, lungo la costa degli Dei, e a Squillace: nel primo caso la tariffa oscilla tra i 50 centesimi e l’euro, con un picco di 2 euro per gli hotel a 4 e 5 stelle che si ripropone anche nella località catanzarese, dove però la soglia minima è di un euro.
LE CURIOSITA’ – Quella dell’imposta per i villeggianti è una questione che in tutta la Penisola ha fatto molto discutere. L’osservatorio Jfc riferisce che a Villasimius, in Sardegna, si è rischiata la crisi di giunta, ma le dimissioni dell’assessore al turismo non hanno frenato l’imposta. Qualcuno ha preferito invece concedere esenzioni che vanno al di là della riduzione per i ragazzi: c’è chi risparmia la tassa ai malati e ai loro accompagnatori, chi chiama fuori le forze dell’ordine. A Melendugno, nel Salento, si offre un’agevolazione alle famiglie numerose, ma solo dal quarto figlio in poi. E a Cefalù, in Sicilia, è stata concessa una riduzione del 50 per cento a ricercatori e studiosi. Per loro, andare al mare costa meno.
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