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«I DATI di Banca d’Italia? rispecchiano quanto già abbiamo percepito e continuiamo a percepire nelle nostre aziende e sulla pelle di molti imprenditori». Giuseppe Gatto, presidente della sezione edile di Confindustria Catanzaro è per nulla meravigliato del dato emerso sull’andamento dell’economia calabrese dal rapporto annuale di Bankitalia. «La drammaticità e il contesto storico che stiamo vivendo – spiega – ci vede uniti con Bankitalia nell’analisi ma non nelle soluzioni per uscire della crisi”.

Perché?

«Bankitalia suggerisce l’utilizzo del Por come unica possibilità per la Calabria di uscire dalla crisi, io dico non basta».

Per lei, invece, cosa va fatto?

«Manca una programmazione di piccole opere, che ovviamente possono essere di competenza della Regione, delle Province e dei Comuni».

E dove si vanno a prendere i fondi se non ci sono?

«Bisogna guardare bene nelle pieghe dei bilanci e si trovano. Faccio un esempio per tutti, noi non abbiamo bisogno di un’opera di 1 miliardo di euro, e mi riferisco ad esempio al Ponte sullo Stretto, ma probabilmente ad un miliardo di opere da un euro ciascuno, altrimenti non riusciamo a sentire nemmeno i benefici di un investimento. Bisogna riprendere la teoria keynesiana delle recessioni, cosa che non sta facendo né il governo nazionale e né quello regionale».

Sull’attuazione del Por voi che giudizio date?

«Il mio non è un giudizio, ma un’analisi di fatto. Negli anni la maggior parte dei fondi sono stati spesi con i “progetti sponda”, certo servono pure quelli, sono utili e legittimi, però non sono quelli che aiutano l’economia locale»

Dal rapporto emerge che le aziende del settore delle costruzioni soffrono terribilmente dal 2007, cosa sta accadendo? Si stanno esaurendo i lavori nei cantieri aperti?

«I cantieri non vanno verso l’esaurimento ma sono già esauriti. Le opere pubbliche spesso non partono, quelle che ci sono è perché sono state avviate molti anni fa. Oggi c’è il timore di molte aziende di partecipare alle gare di appalto perchè devono anticipare tutte le somme per conto della pubblica amministrazione che spesso paga con un anno e talvolta anche due di ritardo».

Ritardi dei pagamenti, un’altra tegola per le imprese.

«Mediamente nel nostro settore superiamo i 365 giorni, abbiamo qualche punta di 500 giorni e io personalmente ho un caso di sei anni con il Ministero delle Infrastrutture».

Per quale opera?

«Riguarda la sede del ministero delle Finanze di Cosenza, ultimata e consegnata nel 2004, l’ultima trance ci è stata data a settembre dello scorso anno, ancora aspettiamo gli interessi. Non c’è nessun problema con il ministero delle Infrastrutture ma il problema è quando si utilizzano i fondi perenti che allungano le procedure amministrative».

Lei dice che c’è bisogno di piccole opere, cosa non va nelle grandi opere?

«Sono ad esclusivo appannaggio dei contraenti generali. Le legge che ha introdotto i contraenti generali, diceva l’onorevole Luigi De Sena quando era prefetto a Reggio Calabria, è una legge “criminogena” perché consente di sfruttare i nostri piccoli imprenditori. I grandi gruppi li utilizzano fino a quando servono e poi li fanno soffrire e morire. Io spero che per questi comportamenti non ci sia malafede, ma motivi reali, però la situazione di tutti i nostri associati che lavorano con i contraenti generali sono di gravi difficoltà perché non riescono a spiegare alle banche perché non riescono ad incassare le fatture per i lavori eseguiti».

Quali sono le opere pubbliche che in Calabria sono state fatte affidate ai contraenti generali?

«I vari lotti della variante della Statale 106, dove a valle ci sono tanti dei nostri che sono sub affidatari, e poi i tratti della Salerno Reggio Calabria. In futuro forse ci saranno i quattro nuovi ospedali che probabilmente non saranno affidati al contraente generale, ma sicuramente ad appannaggio di grandi gruppi nazionali perché qui non ci sono i mezzi e i numeri per opere di quel tipo. Diciamo che non sono alla nostra portata».

Lei ha avuto modo di incontrare il presidente Scopelliti ed esprimere il disagio degli imprenditori del settore.

«Certo, gli ho chiesto di essere miope».

In che senso?

«Va bene la programmazione a lungo termine, ma essere miope, che è una cosa paradossale per la classe politica, vuol dire guardare a domani mattina, fare le piccole cosa quotidiane di ogni giorno».

 E riguardo l’edilizia privata come vanno le cose?

«Siamo alla paralisi totale, c’è un fermo, il mercato è calato e nemmeno utilizzando la leva dei prezzi le cose cambiano. Il volume delle compravendite si è ridotto in due anni del 50%. La situazione si è aggravata con la stretta creditizia, sia nei confronti delle imprese che delle famiglie che devono acquistare e in più c’è  la vicenda del bando dell’edilizia sociale che è fermo da tre anni. La Regione con il suo comportamento ha paralizzato il comparto». 

L’assessore regionale Pino Gentile ha spiegato più volte le ragioni.

«Chi ha ragione o ha torto ha poca importanza, ciò che è evidente che quei fondi, parliamo di 155 milioni di euro, bloccati da tre anni potevano alimentare investimenti per un 1 miliardo di euro. Questo ritardo la Calabria non se lo poteva permettere». 

Il suo collega Speziali ha denunciato l’inadeguatezza della classe dirigente ad affrontare la crisi.

«Purtroppo se siamo arrivati a questo punto la politica ha le sue responsabilità. Non ci si può lamentare se un direttore generale è lento o inadeguato, la responsabilità Ë di chi lo ha messo in quel posto. Questo vale oggi per Scopelliti, ma ieri per Loiero, Chiaravalloti e per le Province e i Comuni calabresi».  

Su fronte dell’occupazione come vanno le cose?

«E’ diventata una piaga sociale, noi a Catanzaro dobbiamo imparare a fare i conti con le rapine quotidiane, cosa che non si era mai vista prima. Non si tratta di criminalità organizzata ma di microcriminalità, dovuta ad un largo strato della popolazione che si è impoverita. E sotto questo profilo sia il governo nazionale che quello regionale sembra stare su un altro pianeta, come se non percepissero quello che sta accadendo. Il governo nazionale non può addebitare i 3,5 miliardi in meno di entrate all’evasione fiscale, l’affermazione di Monti è un’offesa all’intelligenza delle persone, ma se il governo ha portato il Paese in recessione è chiaro che la gente non spende più e si registra un calo del gettito Iva. Ha ragione l’ex ministro Maroni quando dice che era sufficiente il ragioniere Fantozzi per capire come vanno le cose. E vogliamo parlare della manovra ultima del decreto Sviluppo? Ha visto il viso del ministro Passera quando ci raccontava la bugia degli 80 miliardi di euro che si muovono con quella manovra? Forse Passera è già tornato alla lira».         

 

 

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