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di PIETRO RENDE
Le Associazioni degli ex parlamentari e dei consiglieri regionali di Calabria hanno tenuto nei giorni scorsi a Lametia un convegno nazionale sui temi ecologici e antropologici del Mediterraneo: Un mare amico. Il convegno, oltre a rappresentare un prosieguo del ruolo di stimolo, partecipazione e opinion makers che indiscutibilmente gli ex eletti svolgono anche dopo il mandato ufficiale, grazie al patrimonio relazionale acquisito, all’esperienza legiferativa e alla loro credibilità ormai disinteressata dalla corsa al voto personale, ha puntualizzato aspetti di una vexata questio che non si riduce alla “nave dei veleni”. E infatti la cooperazione Governo- Regioni è subito apparsa una condizione imprescindibile a evitare separatismi e unilateralismi inefficaci su una storia nuova del vecchio Mare Nostrum e anche della sussidiarietà istituzionale specie in una Regione, come Calabria, “de-nuclearizzata” con legge regionale che non ammetterebbe segreti militari….
La cooperazione dunque è rite nuta irrinunciabile a gestire una legislazione internazionale, eu ropea e nazionale che coinvolge tutti i soggetti chiamati in causa dai problemi aperti lungo più di 3.800 chilometri di costa e tra 22 paesi rivieraschi che stanno già vivendo il ritorno di una nuova convergenza, se è vero, com’è vero, che per esempio gli standard di fecondità e scolarità femminile del Nordafrica, specie quello occidentale o Maghreb di tradizione più araba che islamica, si stanno allineando ai nostri e quelli ecocompatibili sono prio ritariamente chiamati in causa dalla nuova Unione per il Mediterraneo promossa dalla Francia…
Il premio Nobel J. Stiglitz, parlando all’inaugurazione dell’anno accademico della Luiss, ha evidenziato l’altro giorno che gli immigrati e la loro mobilità di manodopera fanno scendere, an che se di poco, il costo del fattore lavoro, aumentandone la reperibilità e il tasso di crescita della ricchezza complessiva nella macroarea. Peccato che incrocino non un mercato libero e sicuro ma la criminalità organizzata che crea i problemi a prescindere. Il convegno ha mobilitato specialisti e ricercatori di altissimo livello scientifico, a incomincia re dagli ex deputati Boselli e Calzolaio agli autorevoli esponenti dell’Ispra di Palermo, del Cnr Ibaf di Portici, dell’Arpacal. Il Tirreno calabrese, in particolare, è stato illustrato non solo per la sua ricchissima diversità biologica, come quella del corallo nero, ma anche per le sue caratteristiche di mare profondo fino a 3.500 metri nei due bacini davanti alle coste di Cetraro, che risultano incontrollabili senza mezzi capaci di operare a quella profondità; per il suo inquinamento antropogenico nella media del 78% concentrato, come in tutto il Mediterraneo costiero, nei 200 metri dalla battigia, dove la salinità e la diffusione delle acque superficiali da ovest a est e gli effetti di un vento-aerosol, anche dove non vi sono industrie o surriscaldamento, fanno lo stes so sedimentare metalli pesanti,come il mercurio e il cadmio, spe cie sulla piattaforma continenta le profonda solo 400 metri, in attesa di un ricambio completo delle acque marine che dura 90 anni. Anche il piombo ex benzina in crementa gli inquinamenti pluviali fino al mare e il Petrolchimico di Gela scarica i suoi influssi su Malta.
E’ stata richiamata la profezia di Mayol nel 1972 sul Mediterraneo come mare ormai “morto” per precisare che invece ha solo bisogno di bonifica e sistemica prevenzione, e sottolineare che la Germania con meno mare da salvaguardare possiede una flot ta di 20 navi oceanografiche per controllare le petroliere che sca ricano i loro rifiuti nelle acque in ternazionali. E il Bel Paese?
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